Napoli, buste paga fasulle per aggirare le norme sulla tracciabilità

NAPOLI – Secondo un’inchiesta del quotidiano Il Mattino, sono in aumento vetiginoso i datori di lavoro che effettuano la cosiddetta “truffa degli acconti”: sulla carta il lavoratore è occupato regolarmente ma è costretto ad accettare falsi acconti mai versati che consentono al datore di lavoro di aggirare le norme sulla tracciabilità. Il risultato: stipendi ridotti e a rate e assegni familiari solo in cambio della rinuncia alla giornata di lavoro.  A raccontare alcuni esempi, dalle colonne del quotidiano di Napoli, è Rosaria Capacchione che racconta di un fenomeno in espansione in Campania, specie tra i commercianti – supermercati e negozi di abbigliamento in testa – e nei servizi.

Un meccanismo perverso che serve ad aggirare le nuove norme sulla tracciabilità: da quando la legge Monti ha imposto che i pagamenti superiori ai mille euro debbano essere effettuati con bonifico bancario. Sui documenti contabili forniti dalla azienda è scritto, ad esempio, che il lavoratore ha ricevuto lo stipendio suddiviso in varie tranche: due a gennaio, due a febbraio, anticipazioni sulle spettanze non ancora maturate. Ma, da un giorno all’altro, lo stipendio non è più sufficiente a coprire nemmeno il finanziamento per l’acquisto di un frigorifero:

Annamaria, per esempio, porta a casa 750/800 euro al mese. Soldi che riceve in contanti; la differenza serve a pagare i contributi versati dal datore di lavoro che dalla dichiarazione dei redditi detrae stipendio e oneri sociali e contributivi come se fossero stati pagati da lui e per intero. Una truffa? Prendere o lasciare, e molti prendono per mancanza di altro. Il fatto è che i 1.174 sono sottoposti alle nuove norme sulla tracciabilità del denaro. E che gli «acconti» riducono l’importo da corrispondere al lavoratore portandolo sotto la soglia dell’obbligo di bonifico bancario.

Così come Giovanni, 29 anni, sposato, padre di due bambini e un terzo in arrivo.

“Anche lui lavora in un supermercato, a tempo pieno, ma la sua busta paga è quella di un part-time: 600 euro al mese. Per ottenere il pagamento degli assegni familiari è stato costretto a rinunciare alla mezza giornata di riposo settimanale. Cioè, gli assegni li paga da sé, con il lavoro. Una truffa? Senza quello stipendiuccio da fame non potrebbe pagare il fitto (fortunatamente basso, perché abita in un appartamentino dell’Iacp) e le bollette”.

Sono questi i dati di un primo monitoraggio effettuato dai consulenti dei sindacati di categoria, tra Napoli e Caserta. Dati che, scrive il Mattino, verranno trasmessi all’Inps, all’ispettorato del lavoro e alla Guardia di Finanza che, si sta già attivando con accertamenti autonomi.

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Daniela Lauria