PARIGI – Il numero di fallimenti tra le piccole e medie imprese italiane nel 2010 e' aumentato a 11.289, pari a 20,3 casi ogni 10.000 aziende esistenti, contro 9.429 nel 2009 (17,1 ogni 10.000) e 6.165 nel 2007 (11,2 ogni 10.000). Lo scrive l'Ocse, nel suo primo rapporto sulle condizioni di finanziamento delle Pmi.
L'Italia, sottolinea l'organizzazione, e' uno dei cinque Paesi (su 13 esaminati nel rapporto), in cui il numero di fallimenti ha continuato ad aumentare anche tra il 2009 e il 2010, insieme a Ungheria, Slovacchia, Danimarca e Svizzera. ''La debole ripresa economica nel 2010 – spiega il rapporto – non ha permesso un miglioramento significativo nelle condizioni delle aziende, come dimostra l'aumento ancora rapido dell'indicatore''.
''Il calo delle vendite e l'irrigidimento delle condizioni di credito hanno contribuito a problemi di cash flow per le Pmi – spiega l'Ocse – che a loro volta si sono in parte tradotti in aumenti dei tempi di pagamento. D'altra parte, dopo lo scoppio della crisi, i fornitori hanno cominciato a chiedere pagamenti piu' veloci: per le Pmi, i tempi sono saliti da 15 giorni nel 2008 a 17 nel 2009''.
Quello sul credit crunch per le piccole e medie aziende in Italia e' ''un allarme giustificato''. Lo afferma Sergio Arzeni, direttore del Centro per l'imprenditoria, le Pmi e lo sviluppo locale dell'Ocse, commentando il rapporto sulle condizioni di finanziamento delle piccole e medie imprese.
''Su queste aziende pesa molto l'aumento dei ritardi di pagamento, passati da 128 giorni nel 2008 a 180 nel 2010, ovvero una crescita del 50% – spiega -: se una piccola impresa soffre per questo ritardo, deve rivolgersi a una banca e chiedere credito. Se lo ottiene, va a erodere i suoi profitti per il peso degli interessi. Se non lo ottiene, perche' non e' in grado di rispettare criteri piu' rigidi, o la richiesta di garanzie e' troppo elevata per le disponibilita' dell'imprenditore, si trovera' alla merce' di soggetti non bancari, che possono metterla a rischio, o in una situazione finanziaria pericolosa''.
L'allungamento dei tempi di pagamento, che in Italia sono quasi il triplo di quelli registrati, per esempio, in Germania, fa ''soffrire il cash flow'' delle piccole aziende, sottolinea ancora Arzeni, ''ne aumenta la dipendenza dalle banche, e questo va a incidere sulla competitivita' generale''.
''L'Italia e' il fanalino di coda nel venture capital, e' un fatto''. Lo afferma Sergio Arzeni, direttore del centro per l'imprenditoria, le Pmi e lo sviluppo locale dell'Ocse, commentando il rapporto sul finanziamento delle Pmi.
Nel nostro Paese, secondo i dati dell'organizzazione parigina, gli investimenti in venture capital sono stati di 911 milioni di euro nel 2008, calati poi ''drasticamente'' a 466,6 milioni nel 2009 e risaliti poi nel 2010 a 672,2 milioni. Questa ripresa, precisa l'Ocse, non ha pero' riguardato gli investimenti di capitale iniziale o sviluppo per le Pmi, che dopo essere calati da 555,7 milioni nel 2008 a 357,9 nel 2009, hanno continuato a diminuire, attestandosi a 352,4 milioni nel 2010.
Il livello di questo tipo di investimenti in Italia e' nettamente inferiore a quello degli altri grandi Paesi europei esaminati nello studio, in particolare Gran Bretagna (1,964 miliardi di sterline nel 2010) e Francia (2,915 miliardi di euro nel 2010).
L'Ocse scrive che in Italia, ''i prestiti a breve termine alle Pmi hanno mostrato un marcato rallentamento con l'intensificarsi della crisi finanziaria, le condizioni di credito si sono irrigidite e la domanda di credito dalle aziende e' calata''.
Nel nostro Paese, ricorda lo studio, ''le Pmi costituiscono il 99,9% delle aziende'' (4.467.058 su 4.470.748 milioni), e ''rappresentano l'80% della forza lavoro dell'industria e nei servizi''. Nel panorama del credito, pero', rappresentano una fetta ben piu' ridotta: il 19% nel 2010, il 18% nel 2008 e 2009.
In generale, nell'insieme dell'area Ocse, ricorda l'organizzazione nel rapporto, ''le Pmi hanno affrontato condizioni di credito piu' severe rispetto alle grandi aziende, sotto forma di tassi di interesse piu' elevati, durate abbreviate e richieste di collaterali aumentate''.