Il Nordest cooperativistico di Veneto Banca conquista il salotto buono della finanza del Nordovest, la Banca Intermobiliare (Bim) di Torino. L’ex Popolare di Montebelluna percorre così l’ultimo miglio di un lungo percorso voluto dall’amministratore delegato Vincenzo Consoli che ha esteso i confini del gruppo nelle aree relativamente più redditizie del Paese, oltre al Piemonte, Lombardia, Emilia, dorsale adriatica e Puglia. L’Offerta pubblica da 640 milioni (questa la valorizzazione complessiva) lanciata ieri sulla Bim, spingerà poi Veneto Banca nella top ten delle aziende italiane del credito. Ma anche a Torino, dove pure la Banca Intermobiliare continuerà a operare in «piena autonomia», le cose cambieranno parecchio. All’Opa prevista in contanti a 4,25 euro per azione non aderiranno i Segre, la famiglia che ha fondato la stessa Bim e in seguito ha espresso il primo presidente donna di una banca italiana, Franca Segre, la riservatissima commercialista da sempre al fianco dei nomi blasonati dell’industria e della finanza piemontese, a partire da Carlo De Benedetti. I rapporti dei Segre con i soci riuniti in Cofito, Compagnia finanziaria torinese – la holding che controlla Bim, e che secondo lo schema dell’operazione annunciata ieri sarà assorbita nella stessa Veneto Banca – sono andati deteriorandosi nel tempo. Ma la crepa mai richiusa è quella dei rapporti personali e professionali che Franca Segre intrattenne con Danilo Coppola, immobiliarista di punta nella stagione dei furbetti. La rottura definitiva con gli altri soci storici del salotto della finanza – i D’Agui, gli Scanferlin e i Giovannone, tutti presenti con il 15% nel capitale di Cofito, mentre Veneto Banca entrò nella finanziaria, era il 2008, con un partecipazione del 40% – è stata pubblicamente consumata all’ultima assemblea di bilancio di Bim, alla quale Franca Segre non si è presentata. È andato invece via via rafforzandosi l’asse tra l’amministratore delegato Pietro D’Aguì e lo stesso Consoli, con il quale è stato raggiunto l’accordo per la fusione di Cofito in Veneto Banca. Quest’ultima, trovandosi a controllare il 55% del capitale della Bim, dovrà dunque lanciare l’Opa obbligatoria. La nuova mossa del banchiere trevigiano d’adozione e nato in provincia di Matera 60 anni fa, segue a poca distanza un’altra frizzante iniziativa Nordest-Nordovest che ha visto Consoli coinvolto, sebbene con un ruolo appena più defilato: l’acquisto, tramite la partecipata Ferak, e insieme ai torinesi della Fondazione Crt del 2,26% delle Generali messo in vendita da Unicredit. L’operazione Bim, ha commentato Consoli, «ci permette di consolidare in modo definitivo la nostra fisionomia di gruppo bancario di rilievo nazionale. Con la fusione per incorporazione di Cofito diverremo la decima realtà bancaria italiana per masse amministrate».