Anche l’Italia è a corto di soldi ma è ricca di oro e c’è chi, da tempo, pensa di usarlo per evitare il default. La Banca d’Italia, con le sue 2.451 tonnellate di metallo giallo, è la quarta al mondo per riserva aurea. Davanti ci sono solo gli Stati Uniti, la Germania e il Fondo Monetario. Il prezzo dell’oro è quasi triplicato, con la crisi: dai 667 dollari l’oncia del 2007 ai 1756 di venerdì 4 novembre.
Quindi nei forzieri di Via Nazionale, sede della Banca d’Italia, c’è un tesoro enorme, stimato in circa 110 miliardi di euro: un paio di sanguinose manovre finanziarie. D’altra parte nel 2012 lo Stato italiano dovrà collocare 400 miliardi di bond e le nostre banche dovranno collocarne 100 miliardi: il nostro Paese per funzionare l’anno prossimo ha bisogno di 500 miliardi.
E allora si pensa all’oro della Banca d’Italia, tre le ipotesi di utilizzo:
1) Le grandi banche italiane sono le azioniste della Banca d’Italia (solo Intesa Sanpaolo e Unicredit detengono più del 50%), quindi perché la “controllata” non dovrebbe sottoscrivere i bond delle “controllanti”? Tradotto: le nostre banche otterrebbero i prestiti che cercano dalla Banca d’Italia, creditore più benevolo degli “spietati” mercati mondiali.
2) Le banche emettono bond garantiti dall’oro della Banca d’Italia: supererebbero così qualunque diffidenza dei mercati. Stesso discorso potrebbe valere per lo Stato: una serie speciale di Bot agganciati alle riserve auree di Via Nazionale sarebbe la migliore soluzione ai problemi di credibilità che il nostro Paese ha sui mercati esteri.
3) Le banche usano per ricapitalizzarsi le notevoli plusvalenze che la Banca d’Italia ha avuto dall’aumento del prezzo dell’oro.
Tutte idee anche valide, ma che devono passare per un “sì” dell’istituto guidato da Ignazio Visco. Abbiamo visto che la Bundesbank, l’omologa tedesca, ha già detto “no” all’ipotesi di mettere nell’attivo del Fondo salva-stati l’oro delle banche centrali. Quindi sarà difficile che si realizzi la proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, che hanno pensato a un Fondo finanziario europeo con le riserve auree degli Stati come capitale e l’obiettivo di abbattere il debito pubblico acquistando 2,3 trilioni di bond Ue.
Due anni fa la Bce respinse il tentativo di Giulio Tremonti di tassare le plusvalenze sull’oro della Banca d’Italia. Qualche anno prima fu il centrodestra a bloccare Prodi che voleva vendere parte delle riserve auree per finanziare lo sviluppo.
L’oro comunque è destinato a restare al centro del dibattito economico-politico, perché da una parte c’è il prezzo che sale e che continua a salire perché fa gola non solo ai mercati ma anche agli Stati emergenti (esempi: Cina, India, Venezuela) e dall’altra parte ci sono Usa ed Europa che hanno nei forzieri l’80% dell’oro mondiale ma non sanno come usarlo a proprio vantaggio per uscire dalla spirale del debito: se è meglio vendere un lingotto per ridurre il debito oggi o tenersi un tesoro come garanzia di non fallire domani.