CITTA’ DEL VATICANO – Papa Francesco fa la morale e annuncia la riforma dello Ior, la banca vaticana. Ma la Banca d’Italia dice che poco è cambiato da quando il pontefice ha introdotto delle nuove norme per ripulire i conti correnti dalla presenza dei laici che per decenni hanno usato le firme dei prelati per nascondere soldi di provenienza non molto chiara.
Spiega Sara Menafra sul Messaggero.
“Ai pm che da tempo indagano sui conti dell’Istituto per le opere di religione, ipotizzando chel’ex direttore generale Paolo Cipriani e il suo vice Massimo Tulli siano responsabili di abusivismo finanziario e bancario, Palazzo Koch parla esplicitamente di «continuità» anche nell’attuale amministrazione con il «sistema opaco» del passato. Non solo: secondo gli ispettori di Bankitalia, lo Ior di fatto continua a esercitare illecitamente l’attività bancaria sul territorio italiano, senza le autorizzazioni di cui deve disporre un qualunque istituto di credito.
Il sistema, scrive Bankitalia, è stato parzialmente ridimensionato e oggi si sviluppa soprattutto all’estero. Ma nelle fondamenta è rimasto lo stesso. Com’è noto, per qualunque operazione debba disporre l’Istituto vaticano si «appoggia» su banche vere e proprie. Prima erano diversi istituti di credito italiani a fornirgli questo servizio, ora l’unica rimasta è la Banca del Fucino, sui cui conti rientrano i capitali investiti soprattutto su banche estere. Banca del Fucino provvede all’emissione degli assegni circolari con cui questi soldi vengono effettivamente ritirati. Per tutto il resto, dopo gli scandali degli anni scorsi e l’annunciata riforma, Ior utilizza istituti di credito esteri. Ma l’attività bancaria non autorizzata resta.
E infatti i pm della procura di Roma stanno puntando questa ultima fase dell’inchiesta, partita ormai tre anni fa, sull’ipotesi che nell’istituto vaticano siano accaduti numerosi episodi di riciclaggio anche durante la gestione di Cipriani e Tulli”.
I pm hanno inviato due nuove rogatorie internazionali a caccia dei conti correnti di due laici che avrebbero tutt’ora una linea di credito allo Ior. Questi due conti, scrive Menafra sul Messaggero, sarebbero intestati a due personaggi che in Vaticano “non hanno nemmeno un parente”. E che sono entrambe sotto inchiesta, una per riciclaggio e l’altra per bancarotta.