ROMA – Il presidente del Parmigiano in affari con il parmigiano tarocco? Il presidente del Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai (è anche presidente della Confcooperative di Reggio Emilia), intrattiene affari con un gruppo alimentare ungherese che intende produrre parmigiano tarocco, cioè surrogherà l’alta qualità garantita dallo storico marchio con un prodotto in similgrana. Una “tresca incredibile persino nella patria degli svergognati professionali: il Parmigiano Capo che sovvenziona il nemico intenzionato a distruggerlo” commenta Massimo Gramellini nel suo consueto corsivo de La Stampa.
Al di là degli accertamenti giudiziari, le giustificazioni addotte da Allai suonano ancora più inquietanti e riassumibili nel classico non sapevo e comunque se sapevo si trattava di operazioni finanziarie. Cioè non sapeva, come denuncia la Coldiretti, che
solo nell’ultimo anno le importazioni di formaggi similgrana dall’Ungheria hanno raggiunto ben 2,7 milioni di kg, pari al 10% del totale delle importazioni, e che proprio in Ungheria opera la Magyar, industria casearia di proprietà di una società italiana, a sua volta partecipata da Itaca Società Cooperativa, il cui presidente è stato fino all’inizio dell’anno scorso proprio Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano che si è dimesso dopo la denuncia di Coldiretti. (Coldiretti, Ansa)
Senza contare, a proposito di trasparenza ai vertici del Consorzio, il nuovo arresto del direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Riccardo Deserti. Quanto al presunto guadagno immediato ottenuto con una spregiudicata operazione finanziaria, Allai conferma l’autolesionismo di una certa “visione crepuscolare del capitalismo”, secondo la quale
i soldi non servono a nient’altro che a fare soldi. L’idea che servano a fare cose – e che queste cose abbiano una funzione economica e sociale che non le rende tutte fungibili fra loro – viene considerata un vezzo retrò. (Massimo Gramellini, La Stampa).