ROMA – Pensioni, 7 verità da conoscere. Si discute da anni di sostenibilità dei sistemi di welfare, di conflitto generazionale, di effetti distributivi e sociali delle riforme, di previdenza complementare e di allungamento dell’età media; ci si accapiglia in questi giorni sulla tentazione schizofrenica di pensionare tutti per poi bastonare solo loro quando c’è da raddrizzare i conti pubblici, si sfidano le sentenze della Corte Costituzionale per sanzionare le cosiddette pensioni d’oro, non ci si cura però di difendere i redditi da pensioni che il blocco degli adeguamenti all’inflazione continua ad erodere. Ma, per citare un poeta, la verità, vi prego sulle pensioni, chi ce la dice? O è obbligatorio continuare a rinviare i nodi che inesorabilmente sono già giunti al pettine? L’economista Mauro Marè, sul Sole 24 Ore del 23 ottobre, ci prova a dire qualche verità, ne individua ben 7.
1) I sistemi di welfare come li abbiamo conosciuti in Occidente non sono più sostenibili, minacciati da longevità e demografia. Va ripensato il ruolo dello Stato come fornitore di strumenti finanziari a lungo termine.
2) Se le riforme hanno avuto effetti benefici, sono state però applicate a un mercato del lavoro trasformato e irriconoscibile. Non si possono chiedere prelievi contributivi facendo finta che una carriera regolare di 40 anni sia la regola e non l’eccezione come dimostrano il tardivo ingresso al lavoro e la volatilità degli impieghi.
3) “La verità innanzitutto! È ora di dire come stanno le cose. Va promossa una campagna informativa ampia su primo e secondo pilastro, spedita la busta arancione – molte volte annunciata ma mai realizzata. L’Inps si dichiara pronta! Bene, la si faccia partire”. In generale i lavoratori sanno che andranno in pensione più tardi, ma hanno capito che in media prenderanno meno soldi, che il loro assegno avrà sostanza e peso diversi da quelli dei propri genitori o dei colleghi più anziani? La “verità sulle pensioni” sembrano conoscerla solo i tecnici, dai funzionari dell’Inps ai ministri al Governo, per gli interessati invece sono previste amarissime sorprese.
4) Sui fondi pensione: è stato un successo, ma nessuno prende in considerazione una circostanza decisiva. Vi hanno aderito, darwinianamente, solo i più forti, cioè in prevalenza quelli più protetti, uomini, intorno ai 50 anni, di aziende grandi e con tanti occupati. Non ci si è posti il problema di come far aderire gli altri, e cioè i deboli e non protetti.
5) Serve un calcolo politico ineludibile: gli aggiustamenti vanno fatti subito perché se oggi l’elettore medio ha 44 anni, nel 2060 ne avrà 55. “Va esplicitamente previsto un meccanismo di solidarietà e perciò ridisegnato il sistema pensionistico su 3 pilastri: con un primo pilastro di base, con precise condizioni di accesso (anzianità/contribuzione); il secondo a ripartizione contributivo obbligatorio e il terzo (fondi pensione, sanitari), con natura volontaria”.
6) I fondi pensione investono in obbligazioni e azioni in prevalenza estere: l’economia italiana non ne beneficia. “Va allora individuata una soluzione di mercato, volontaria, senza vincoli di portafoglio, per far affluire le risorse alle Pmi; che metta insieme domanda e offerta (fondo Pmi, mini-bond, fondo di debito, private equities ecc.”).
7) L’ultima verità riguarda, secondo Marè, l’inconsistenza scientifica di due provvedimenti giudicati naïf: il Tfr in busta paga e la previdenza complementare affidata all’Inps. “Il Tfr in busta paga priverebbe di risorse le imprese e i fondi pensione ed è tutto da dimostrare che in questa situazione sarebbe speso e non risparmiato. Devolvere il patrimonio dei fondi pensione all’Inps è invece semplicemente una follia – non per l’Inps in sé, che fa bene il proprio lavoro, ma per altri motivi. Non sarebbe una vera entrata – andrebbe restituita con una remunerazione – a meno di non coltivare l’idea di un sequestro!”