ROMA – Il welfare italiano è il più caro d’Europa: tra pensioni e assistenza nel 2015 è costato 447,3 miliardi, pari al 54 per cento della spesa pubblica. A dirlo è l’ultimo rapporto Itinerari previdenziali.
“A differenza di quanto spesso si afferma, ha spiegato Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali, la spesa per prestazioni sociali nel 2015 ammonta a 447,396 miliardi di euro e incide per il 54,13% sull’intera spesa statale, comprensiva degli interessi sul debito pubblico, e del 27,34% rispetto al prodotto interno lordo, cioè uno dei livelli più elevati in Europa. È evidente che si tratta di un onere difficilmente sostenibile in futuro, che già ora limita gli investimenti pubblici in tecnologia, ricerca e sviluppo, unica via per garantire la competitività del Paese e un futuro più favorevole per le giovani generazioni già gravate da un abnorme debito pubblico”.
Spiega Paolo Baroni su La Stampa:
Dallo studio emerge che la spesa netta per le pensioni non solo è stabile ma è praticamente allineata con la media Ue, mentre sono le spese per assistenza ad essere troppo elevate e a correre troppo. (…) Il conto totale però è talmente alto che per finanziare la spesa complessiva per welfare relativa all’anno 2014 (quando è stata pari a 444,507 miliardi) occorrono oltre a tutti i contributi sociali per pensioni e prestazioni temporanee, quelli versati all’Inail, tutta l’Irpef, l’Ires, l’Irap e il 36% dell’Isos. In pratica tutte le imposte dirette per cui il resto della spesa pubblica è finanziato dalle sole indirette.
Il numero di pensionati è sceso a quota 16.259.491 – in calo di 80.114 rispetto al 2014 (riportando i valori a quelli del 1998) – e anche il numero di prestazioni è diminuito a 23.095.567 (tornando ai valori del 2004). Interessante è il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e numero dei pensionati; in pratica ogni pensionato riceve in media 1,427 prestazioni, il che porta la pensione media da 12.136 euro annui a 17.323 euro, ben al di sopra dei mille euro al mese. (…) Altro dato fondamentale per la tenuta del nostro sistema pensionistico strutturato secondo lo schema della «ripartizione» è il rapporto tra occupati e pensionati che nel 2015 è pari soltanto a 1,388 attivi per pensionato. Mentre un rapporto più equilibrato, secondo Brambilla, sarebbe attorno a 1,55.
Nel 2015 la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni è stata pari a 217.895 milioni di euro, con un aumento rispetto al 2014 dello 0,82% imputabile sia alla rivalutazione delle rendite all’inflazione, sia al cosiddetto «effetto rinnovo» che consiste nella sostituzione delle pensioni cessate con quelle di nuova liquidazione che hanno importi mediamente più elevati. A questi due normali fattori si è aggiunto nel 2015 il cosiddetto «effetto Fornero» che ha determinato un boom delle pensioni anticipate: ne sono state liquidate 148.540 con un aumento del 74% sul 2014 poiché gli assicurati impossibilitati ad andare in pensione dal 2012 a causa dei requisiti più rigorosi introdotti dalla legge Fornero (legge 214/2011) hanno finalmente maturato nel 2015 l’anzianità richiesta.
(…) A quanto ammonta realmente la spesa per pensioni di natura previdenziale? Sottraendo alle entrate contributive totali le quote a carico dello Stato, il totale delle entrate da contribuzione effettiva di lavoratori e datori di lavoro si attesta sui 172.214 milioni. Inoltre, se alla spesa pensionistica totale si sottraggono le imposte che lo Stato incassa direttamente (…) il totale si riduce a 168.501 milioni che, al netto delle integrazioni al minimo, porta la spesa pensionistica previdenziale a 159.164 milioni. Col risultato che il saldo finale tra entrate e uscite rivela un attivo pari a 3,713 miliardi, a dimostrazione del fatto che il nostro sistema, grazie alle numerose riforme che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni, è stato stabilizzato. Ciò – segnala il rapporto di Itinerari previdenziali – dovrebbe indurre a maggiore prudenza nel proporre tagli alle pensioni, deindicizzazioni varie e contributi di solidarietà.
(…) In questi ultimi 5 anni sono in continua crescita le pensioni di invalidità civile e le indennità di accompagnamento che per il 2015 sono rispettivamente 934.995 e 2.045.804 prestazioni. In crescita anche le pensioni e gli assegni sociali giunti a 857.003 mentre le pensioni di guerra, in calo fisiologico, si attestano a 74.649 dirette e 128.175 indirette.
Una delle novità del rapporto riguarda l’analisi del sistema pensionistico a livello territoriale, per valutare quanto paga e incassa per le singole prestazioni ciascuna regione:
Emerge che le regioni con la percentuale più elevata di pensioni di anzianità erogate sul totale sono quelle del Nord Italia (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto), mentre gli ultimi posti sono occupati dalle regioni del Centro Sud e quelle a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia che si trova a metà classifica; le regioni del Centro-Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Veneto e Toscana) erogano il maggior numero di pensioni di vecchiaia rispetto al totale mentre le regioni del Sud (Campania, Lazio, Sicilia Puglia) occupano i primi posti della classifica per numero di pensioni di invalidità. Guardando al numero di pensioni ai superstiti, i rapporti più elevati si distribuiscono tra Nord e Centro Italia (Lombardia e Lazio in testa).
Infine sono stati analizzati i tassi di copertura cioè quanta spesa previdenziale è finanziata dai contributi per ogni singola regione. L’unica regione con un valore positivo è il Trentino con 106,61, segue la Lombardia con un tasso di copertura pari al 97,11% e il Veneto con 95,33%; Lazio ed Emilia Romagna si attestano attorno all’87% mentre tutte le altre regioni registrano un livello inferiore al 75%.