La scoperta dell’acqua calda, eppur raccontano che sia nuova scienza. Da decenni si sa che l’Italia spende il 15% del suo Pil, della sua ricchezza prodotta per la previdenza, le pensioni. Tanto, più di ogni altro paese occidentale, troppo. E si che, di conseguenza, spende neanche il 2% del Pil per chi resta senza lavoro o deve impararne a farne un altro. Anzi, a voler essere precisi, neanche il 2% perchè i soldi spesi per la formazione professionale sono in realtà spesa assistenziale-clientelare per i formatori più che per i formandi.
Ma toccare le pensioni non si può, e non solo perchè ci si rimettono consensi elettorali. Non si può perchè 23,5 milioni di pensioni pagate, una ogni 2,5 abitanti, coincidono con le pensioni di entità più basse d’Europa. La ricchezza è stata spartita e distribuita in maniera tale da risultare povertà .
E la stessa regola vale per i precari. Si calcola che 400mila precari della Pubblica amministrazione rischino di restare senza reddito. Ma l’alternativa è di tirarli tutti dentro, a prescindere dal come sono diventati precari, dalla loro preparazione, utilità , perfino a prescindere dal loro effettivo lavoro.
Se, come si sostiene, la grande crisi è anche una grande occasione di riforma, la grande riforma italiana, se fosse tale, non potrebbe essere indolore. La riforma della spesa pubblica non è eliminare lo spreco, è cambiare la natura, il perchè della spesa pubblica. Questa oggi è integrazione al reddito di intere categorie. Toccarla davvero vorrebbe dire costringere, oltre che convincere milioni, molti milioni di italiani, a trarre reddito altrimenti che dalle garanzie acquisite. Più che una riforma, una rivoluzione.
E per nulla popolare: un paese dove quasi il 40 per cento dichiara che l’unica istituzione credibile, l’unico patrimonio sociale da difendere è la famiglia (solo il 5% la democrazia) non è disposto a questa riconversione. E’ un paese che non vuole, non crede all’utilità e alla giustizia di contratti di lavoro meno precari ma ancorati alla produttività in cambio di 15/20 anni di pensione percepita invece che di 25/30 anni di pensione portata a casa.
E’ un paese che scommette e si illude che il grasso accumulato in termini di assistenza da spesa pubblica, evasione fiscale e contributiva, risparmio immobiliare e privato realizzato dalla generazione nata dopo la guerra, faccia da cuscinetto e ammortizzatore. Un paese che non vuole riforme e che non a caso boccia da sempre chiunque le proponga. Infatti un riformismo di destra Berlusconi neanche se lo sogna e un riformismo di sinistra è da sempre antipatica minoranza.
