Pensioni. “Esodati”: incentivati a lasciare, sono rimasti senza reddito

ROMA – “Esodati”: brutto termine e ancor più brutta situazione. Parliamo di qualche decina di migliaia di lavoratori (almeno 5 mila dipendenti solo alle Poste Italiane). Lavoravano in aziende fallite o che li incentivavano a uscire prima dal lavoro: ora, con la riforma targata Fornero, si trovano nella terra di nessuno tra un impiego abbandonato e una pensione che si allontana di anni. Erano considerati in soprannumero, ma giudicando la prospettiva della pensione a portata di mano, nel 2012 o nel 2013, avevano accettato “esodi” volontari proposti, o imposti, da aziende in ristrutturazione oppure si sono licenziati con buonuscite commisurate agli anni mancanti alla pensione.

Con i nuovi criteri e l’abolizione delle pensioni di anzianità la pensione, per molti di loro, si è allontanata di 5 o 6 anni. Bel problema, che grava soprattutto sulle spalle del Pd, che ha chiesto una normativa, un codicillo, qualcosa che tenesse conto della situazione, in deroga alla riforma. Il ministro Fornero ha assicurato che guarderà il dossier, ma di impegni finora non se ne sono visti, a parte l’accettazione di un ordine del giorno del Pd che forse potrà trovare collocazione nel cosiddetto decreto milleproroghe. Cesare Damiano ha chiesto che nel decreto venga inserito un provvedimento più indulgente per i lavoratori precoci, mentre per gli “esodati” esige “un intervento rapido del governo”. Si vedrà.

Intanto, come riporta il Fatto Quotidiano del 20 dicembre, abbondano richieste di aiuto e testimonianze, specie sulla Rete, in particolare dagli “esodati” delle Poste. Come questa: “Ho maturato ad oggi 39 anni e 2 mesi contributivi. Lavoro in Poste Italiane come dirigente d’ufficio. In aprile mi hanno proposto di farmi accompagnare alla pensione che maturavo a fine 2012.  Ho iniziato a lavorare giovane, mi sono laureato mentre lavoravo e pagavo i contributi. Ora con la nuova normativa mi trovo senza stipendio e dovendo pagare contributi per due anni. Poste dice che il firmato è consensuale e che continuare a lavorare è impossibile. Quindi dal 1° gennaio 2012 sono a casa, accompagnato non al meritato riposo dopo quaranta anni di contribuzione, ma al patibolo.” Vedremo se questo come migliaia di altri casi verranno presi in considerazione. Sul superscalone che costringe a qualche anno senza entrate prima di ottenere finalmente la pensione scivoleranno in tanti.

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Warsamé Dini Casali