Economia

Pensioni. Fine Quota 100 (2021): a 62 anni con taglio 3% su assegno annuo fino a 67

Martedì 8 settembre riprende il confronto governo-sindacati sulle pensioni: obiettivo dichiarato prorogare Ape social e Opzione donna.

Soprattutto, però, “pensionare” la sperimentazione in scadenza nel 2021, gestire cioè il capitolo pensioni di fine Quota 100.

In vista del ripristino condiviso di una flessibilità in uscita ante sperimentazione (quella del triennio 2019/20/21 che consente la pensione anticipata con la somma 100 tra età anagrafica e età contributiva).

Pensioni fine quota 100: uscita a 62 anni con taglio 3% assegno

Flessibilità che per forza di cose non sarà gratuita. Si pensa a un’uscita dal lavoro a 62 o 63 anni (con un minimo tra 36 e 38 anni di contribuzione).

In cambio di un taglio dell’assegno, segnala il Sole 24 Ore, intorno al 3% per ogni anno dall’uscita fino al raggiungimento dei 67 anni.

I sindacati non sono ostili pregiudizialmente al ritorno della flessibilità: al momento si attestano sulla trincea dei 41 anni di contribuzione per andare in pensione sempre a prescindere dall’età anagrafica.

Il nodo è rappresentato dall’entità delle penalizzazioni fino al raggiungimento dei 67 anni previsti dalla riforma Fornero. 

Superare quota 100, inoltre, vorrebbe dire anche ripristinare l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, che è stato bloccato fino al 2026 proprio dalla sperimentazione triennale. 

Sindacati: pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica

Il segretario confederale Uil Domenico Proietti è d’accordo nell’archiviare Quota 100 ed evitare lo “scalone” del 2022. Ne ha parlato in un’intervista concessa all’Agi. 

Quota 41 “è una proposta unitaria di Cgil, Cisl e Uil ed è stata riproposta all’ultimo incontro con la ministra Catalfo.

Riteniamo che chi ha 41 anni di contribuzione debba andare in pensione a prescindere dall’età. La misura riguarda i lavoratori precoci e non ha un impatto economico rilevante ma comunque pensiamo che sia giusto rimettere un po’ di equità nel sistema previdenziale, dopo i tanti miliardi sottratti dalla legge Fornero.

Non dimentichiamo che i conti sono in equilibrio. Ed anche il presidente dell’Inps Tridico ha detto che la spesa previdenziale italiana è in linea con quella dei paesi europei. Qualche equivoco ancora a volte si ripresenta solo perché la spesa previdenziale non è separata da quella assistenziale”. (fonti Sole 24 Ore e Agi)

 

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Warsamé Dini Casali