ROMA – Pil “dopato” vale 15 mld in più: come Istat quantifica droga e prostituzione. Per la prostituzione è possibile stimare il numero delle prostitute e non quello dei clienti, e la stima dà maggior peso ai dati dell’ “offerta”‘. Per il valore dei traffici di droga, invece, si guarda alla “domanda”, si studiano le diverse tipologie di consumatori e poi si valuta anche il “listino prezzi” delle varie sostanze.
Non è un esercizio facile quello che l’Istat ha realizzato per stimare l’impatto delle attività illegali che per il 2011 aumentano il Pil di 15,5 miliardi: 10,5 miliardi dai proventi della commercializzazione di droga, 3,5 miliardi dall’attività di prostituzione, 300 milioni dal contrabbando di sigarette. Rimangono 1,2 miliardi legate all'”indotto” sommerso di queste tre attività illegali. Così, nel 2011, primo anno della nuova serie storica Istat, il Pil conta anche uno 0,2% in più di ricchezza prodotta
“Sono attività che non si vogliono far misurare per definizione – spiega Gian Paolo Oneto, direttore centrale contabilità nazionale – Non ci sono misure”. La premessa è che l’Istat non valuta l’attività criminale ma si limita a valutare queste tre attività illegali, che in alcuni Paesi sono anche legalizzate. Per una stima attendibile si usano fonti diverse, su domanda e offerta, talvolta anche internazionali.
E’ il caso della droga. Si usano le stime dell’Onu (o meglio dell’United Nation Office on Drugs and Crime) e del centro europeo di monitoraggio, l’Emcdda. Ma i dati sul fronte dell’offerta vengono considerati meno solidi e così si controllano anche i dati di chi si rivolge ai Sert, i centri di assistenza per le politiche antidroga. Si tiene così conto del numero di consumatori ma anche delle distinzioni esistenti: i tossicodipendenti e quelli saltuari.
Dal consumo medio si deve però arrivare al valore economico del settore. Come si fa? Si usano le stime sui prezzi “medi” delle diverse sostanze che arrivano dal ministero dell’Interno. Per la prostituzione, invece, non si guarda alla domanda. Non ci sono statistiche sui “clienti” (le informazioni – per dirlo in gergo statistico – sono “fragili”) e così si guarda ai dati sul numero delle prostitute che arrivano da associazioni private e di volontariato, ma anche dagli studi della Commissione Europea.
Dopo il numero delle prostitute (stimato) si valuta “la produzione dei servizi di questa tipologia”. Di certo l’Istat è ora consapevole che queste dati sono importanti. I dati saranno elaborati sempre con maggiore precisione, per conoscere questi fenomeni, anche al di la delle esigenze di calcolo del Pil. Intanto, l’impatto economico delle attività illegali, fornisce un nuovo quadro, sposta decimali su debito, deficit e pressione fiscale.
Il risultato è un Pil, quello del 2011, che cresce di 59 miliardi, +3,7% (da 1.580 a 1.639 miliardi). Meglio di quanto registrato da Francia (+3,2%) e Germania (+3,4%). Di conseguenza, un rapporto con il deficit che cala di due decimi (—0,2%) e una pressione fiscale giù di quasi un punto (— 0,9%). Ma il debito, quell’enorme zavorra, ora al record di 2.168 miliardi? Peserà meno? Il calcolo l’Istat non lo fa. Spetta alla Banca d’Italia. E arriverà poi. «Se il balzo del 3,7% relativo al Pil 2011 fosse confermato anche per il 2014, il rapporto tra debito e Pil si abbasserebbe del 4,8%, dal 135 al 130%», ragiona però Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma. (Valentina Conte, La Repubblica)