ROMA – Le Poste italiane non consegneranno più le lettere tutti i giorni. Sebbene con i bilanci in attivo, le Poste considerano un servizio in perdita quello che ne era la ragione sociale, la consegna quotidiana e universale della corrispondenza. Il progetto di ridimensionamento voluto dall’amministratore delegato Sarmi è stato avallato dal governo Berlusconi, ha ricevuto l’assenso del Cipe e ora attende solo l’ok di Bruxelles. La misura (il Fatto Quotidiano lo ha scoperto a febbraio e Daniele Martini ne riparla domenica 14 novembre) riguarderà in particolare 10 milioni di cittadini, quelli che hanno la sfortuna, almeno sul piano della puntualità postale, di abitare in centri a bassa densità abitativa (inferiore a 200 abitanti per kmq.). Nei centri isolati o nei comuni di montagna il postino arriverà a giorni alterni, in pratica 3 giorni alla settimana, visto che di sabato il servizio era stato già soppresso.
L’ad Sarmi si propone di risparmiare fino a 300 milioni l’anno: consegnare la posta non rende, anzi è un affare tutto in perdita. Nel 2010 la contrazione nella consegna è stata di 3,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente, i ricavi erano arretrati del 13%. Nel 2015 la tendenza si attesterà a un restringimento del servizio di un quinto, un 20% in meno che, di fatto, mette fine alla concezione moderna dell’universalità del servizio postale. Nel frattempo, Poste italiane è diventato un contenitore di mille altre attività che sfrutta il radicamento capillare delle agenzie sul territorio nazionale.
Poste italiane ora è una banca: acquistando per 180 milioni il Medio Credito Centrale ha mosso il primo importante passo per la gestione della Banca del Sud, progetto fortemente voluto da Tremonti e assecondato da Sarmi, giunto alla terza conferma consecutiva da a.d. e per la quale s’è resa necessaria una modifica dello statuto societario. Postemobile è concessionaria dello Stato per poker e giochi d’azzardo on line. Poste vende assicurazioni. Vende telefonini, riscuote tributi, fa profitti. Nel 2010 un miliardo di utili. Nel 2011 460 milioni. Ma consegnare a tutti, ogni giorno, la posta è un lusso che non vuole più permettersi. E seimila portalettere possono iniziare a preoccuparsi sul serio: per loro non c’è cassa integrazione, il vecchio ente previdenziale (Ipost) è finito nel calderone Inps cui Poste non versa contributi.
