Raddoppiano i predatori del risparmio: nel 2010 radiati 78 “promotori”

ROMA – I materassi imbottiti di soldi dei tempi dei nostri nonni non esistono più, ma gli italiani continuano a risparmiare e a sedere, ora in senso metaforico, su quanto accumulato in passato. L’Italia rappresenta poco più dell’un per cento della popolazione della Terra e produce circa il 2,5% del Pil mondiale ma ha accumulato e messo da parte una cifra vicina al 5% della ricchezza del pianeta. Una grande cassaforte, un immenso salvadanaio che, viste le dimensioni, fa gola a molti. Promotori finanziari, intermediari, consulenti: sono i custodi della ricchezza accumulata, color che promettono e spesso riescono a farla fruttare ancora. Talvolta però sono i predatori dell’italico risparmio. Un “talvolta” che purtroppo è sempre meno “talvolta”: è fortissimo aumento il numero di quelli sanzionati per pratiche illecite. Testimonianza di un antico pericolo ma soprattutto di una nuova tendenza, quella di mettersi in doppio petto economico e mangiarsi i soldi altrui.

La conferma nero su bianco del fenomeno arriva dai provvedimenti della Consob nei confronti dei promotori finanziari: nel 2010 le sanzioni hanno viaggiato all’insegna del raddoppio rispetto al 2009, raggiungendo quota 146, il livello più alto degli ultimi dieci anni. E intanto è in arrivo un giro di vite per gli agenti finanziari e i mediatori creditizi, sotto l’ombrello della vigilanza della Banca d’Italia. Lo scorso anno 78 promotori hanno ricevuto il “cartellino rosso” dalla Consob e sono stati radiati dall’Albo (contro 43 del 2009). La mappa geografica degli espulsi tratteggiata dalle delibere mostra la provincia di Roma in testa, seguita da quella di Napoli. Ma la metà dei radiati opera nel Nord, il ricco Nord. E questi provvedimenti colpiscono evidentemente solo i promotori e i mediatori “ufficiali”, nulla esclude che ne esistano altri, pochi o tanti che siano, sconosciuti alla Consob e alla Banca d’Italia e per questo ancora più pericolosi e meno affidabili.

Di sicuro c’è che per fare una truffa ci vogliono un truffatore e un truffato e, come testimonia la storia del Madoff dei Parioli, a volte gli stessi truffati andrebbero considerati vittime sì, ma non del tutto innocenti. Come si può affidare i propri soldi a chi promette rendimenti a doppia cifra quando è noto a tutti che il mercato va in modo diverso? E’ chiaro che il rischio c’è. Se si punta su un numero alla roulette si può vincere in meno di un minuto trentasei volte la cifra puntata, ma il rischio di perdere tutto è altissimo. Se viene proposto un investimento ad alto reddito e senza rischio dovrebbe essere abbastanza evidente che trattasi di possibile inganno. Ma l’ingenuità non è una colpa e la speranza di arricchirsi nemmeno. Le colpe, almeno quelle penali, ricadono ovviamente sugli agenti del settore.

Alcune tattiche sono ricorrenti: somme di denaro sottratte alla clientela e riutilizzate per fini privati, o contraffazione della firma del cliente per poter effettuare operazioni non autorizzate e intascare i profitti. Ma anche la promessa di alti rendimenti per far sborsare compensi (tra l’altro non previsti dalla disciplina di riferimento) ai risparmiatori fidelizzati. E non mancano le truffe di nuova generazione, come l’utilizzo abusivo delle password. Tutte violazioni gravi, che in genere hanno risvolti penali e approdano in Tribunale. In 61 hanno invece incassato il “cartellino giallo” e sono stati sospesi (da uno a quattro mesi a seconda dei casi). Altri sei se la sono cavata con un richiamo scritto e uno ha dovuto versare una sanzione pecuniaria. Complessivamente dal 2000 al 2010 sono stati 1.054 i promotori che hanno violato le regole del gioco e hanno dovuto pagare. Pochi? Niente affatto se si pensa che i promotori finanziari sono circa 60mila, dei quali solo 30mila esercitano effettivamente l’attività.

Se per i promotori l’arbitro è la Consob, la vigilanza sull’operato degli agenti finanziari e dei mediatori creditizi spetta alla Banca d’Italia. Un esercito di oltre 190mila operatori iscritti negli elenchi tenuti finora dall’Istituto di via Nazionale, «con requisiti professionali limitati e di onorabilità autocertificati, con assenza di criteri patrimoniali», come ha sottolineato Roberto Rinaldi, capo del Servizio supervisione intermediari specializzati della Banca d’Italia nel corso di un convegno organizzato dalla Fimec (la Federazione dei mediatori) lo scorso novembre. Per loro sono in arrivo alcune novità su controlli e requisiti introdotte dal decreto legislativo 141 dell’agosto 2010. Entro la fine dell’anno sarà un nuovo organismo a gestire gli elenchi ed esercitare la funzione di controllo, con la possibilità di effettuare ispezioni e di comminare sanzioni. Vi siederanno, oltre a un rappresentante del ministero dell’Economia, le diverse categorie del settore e sarà sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia. Criteri più rigidi anche per l’accesso, insieme a una maggiore responsabilizzazione: agenti e mediatori hanno l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per coprire eventuali danni arrecati nell’esercizio dell’attività. Anche l’intermediario diventa responsabile per i danni causati dall’agente, spiega il Sole24Ore.

«Le truffe finanziarie sono in aumento», conferma il generale Leandro Cuzzocrea, comandante del Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf . Ma crescono perfortuna anche i controlli: l’anno scorso le Fiamme gialle hanno svolto 41 ispezioni a carico di intermediari finanziari non bancari, 16 su mediatori e 370 su agenti in attività finanziarie. Queste indagini hanno portato alla denuncia per abusivismo di 116 persone, meno del 2008, quando erano state ben 145, ma sensibilmente di più rispetto al 2009, quando erano state 89, con una progressione del 30%. Quasi raddoppiato il valore delle relative operazioni (da 71 milioni del 2008 a 130 nel 2009). «La maggior parte dei casi di abusivismo finanziario – spiega il generale Cuzzocrea – riguarda modalità “tecniche”: molti, ad esempio, hanno un’abilitazione specifica per un’attività, ma in realtà ne svolgono una diversa. Questo accade soprattutto tra quanti, anzichè limitarsi a prestare denaro, iniziano a raccoglierlo». «Del resto – aggiunge – nella gestione del risparmio fa premio il rapporto fiduciario. Quando c’è una conoscenza diretta, magari cementata da anni, sia pure in ambiti differenti, il cliente tende a fidarsi. C’è, inoltre, grande mobilità tra i promotori e il passaggio da una situazione lecita a una illecita può avvenire in maniera repentina, lasciando scarsi margini di valutazione al cliente». Fidarsi è bene dunque, ma non fidarsi è meglio. Regola aurea della vita se possibile ancor più valida quanti si tratta di risparmi di una vita.

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Alessandro Avico