Rating tagliato, con il fondo salva-Stati “zoppo” Italia nei guai

ROMA – Abbiamo perso la lettera A, cadendo nella zona grigia e intermedia della B: ma ora, con questo nuovo rating appena aggiornato da Standard&Poor’s, cosa succederà? La linea del governo è ferma: a essere punita è l’eurozona, non l’Italia in particolare. Anzi, viene fatto notare, l’agenzia di rating ha apprezzato la discontinuità segnata dall’arrivo del governo tecnico. Eppure il cambiamento di lettera avrà ripercussioni anche locali.

Magari non proprio nell’immediato. L’asta di ieri al Tesoro, Btp a tre anni, ha visto i rendimenti scendere un pochino, dal 5,62 al 4,83 per cento. Normale, si tratta di titoli a tre anni e le banche fino al 2014 sono coperte grazie al prestito Bce. Il vero problema sarà vedere come andranno le aste di titoli a 10 anni. I Paesi perdono tacche di rating, il debito è più difficile da rifinanziare, peggio ancora sarà racimolare soldi dal fondo salva-Stati. Il perché lo spiega Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano:  “Ma il downgrade francese avrà conseguenze comunque pesanti: il fondo Salva Stati europeo, Efsf, si finanzia emettendo debito con la tripla A. Se i Paesi che ne forniscono le garanzie perdono la tripla A, per mantenere la sua capacità di intervento da 400 miliardi (di cui 250 ancora utilizzabili) bisognerà versare altri soldi. Cosa che nessuno vuole fare, soprattutto perché tra poco si dovrà versare soldi freschi per l’Esm, il nuovo Meccanismo di stabilità che perfino la Germania vuole entri in vigore al più presto”.

Cosa può fare l’Italia nell’immediato? Anzitutto approvare il pacchetto di liberalizzazioni e di riforme per ridare fiato all’economia. Il tutto dovrebbe avvenire entro il 19 gennaio in modo da presentare le nuove norme a Merkel e Sarkozy che proprio il 20 verranno a Roma per il trilaterale. Cosa si diranno? Continua Feltri:  “Monti proseguirà il discorso iniziato a Berlino, che nonostante la pacatezza verbale del professore, è netto: l’Europa si salva con il mercato unico e l’integrazione economica, non con le punizioni lacrime e sangue imposte da Berlino e tollerate da Parigi. Il “fiscal compact” discusso al summit tedesco di martedì, Monti ha cercato di farlo capire alla Merkel, è un errore, inefficace e dannoso: i mercati non capiscono proprio la necessità di questo trattato internazionale sull’Unione fiscale”.

 

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Elisa D'Alto