Renzi: più tasse sul risparmio, Bot compresi (al 20%) per ridurle sul lavoro

Renzi: più tasse sul risparmio, Bot compresi (al 20%) per ridurle sul lavoro

ROMA – Renzi: più tasse sul risparmio, Bot compresi (al 20%) per ridurle sul lavoro. Dai capital gains (tutti i guadagni in conto capitale dalle partecipazioni azionarie alle obbligazioni) ai titoli di Stato, il Governo appena insediato pensa ad una armonizzazione delle aliquote intorno al 22/23%: oppure innalzare quelle sui Bot al 20% (livello attuale per i capital gains) con innalzamento ulteriore delle aliquote sui capital gains al 23%. Due le controindicazioni, l’impatto sui piccoli risparmiatori e la crescita conseguente dei tassi per compensare la riduzione dei rendimenti reali (con inevitabile effetto sul debito pubblico).

Quanto alla prima controindicazione al Governo (ne ha parlato Del Rio) si ritiene che l’impatto sarà relativo in considerazione del basso livello attuale dei tassi che attenua la percezione dell’inasprimento fiscale. Quanto alla seconda, si ritiene che i tassi non subiranno incrementi significativi anche perché i titoli depositati all’estero sono soggetti alla fiscalità del paese, mentre in Italia il grosso di chi detiene titoli di Stato è concentrato tra gli investitori istituzionali come le banche che le tasse sui rendimenti le pagano insieme agli utili (e dunque non sono colpiti dall’aumento delle aliquote).

“Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell’IRAP per le aziende. Segnale di equità oltre che concreto aiuto a chi investe”. E’ già tutta in questa breve frase, contenuta nel sommario del Jobs act di Matteo Renzi ai primi di gennaio, la sintesi degli interventi che il neonato governo sta approntando in queste ore in tema di tasse e di lavoro e che fa luce anche sull’ipotesi di un aumento della tassazione sui bot avanzata domenica 23 febbraio dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio.

Il sottosegretario ha anche detto di valutare la tassazione delle rendite finanziarie. Ribadito che non ci sarà nessuna patrimoniale, resta infatti il problema di dove reperire le risorse per quell’azione immediata che il governo intende fare per abbassare l’Irpef, calare abbondantemente l’Irap, e avviare così quella scossa per la crescita tanto attesa. “Padoan sa bene quello che si deve fare”, ha detto ieri il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. E il ministro dell’Economia, che oggi in mattinata (24 febbraio) dovrebbe giurare ed essere alla sua scrivania in via XX Settembre, dovrà quindi trovare la strada efficace tra le tante ipotesi avanzate.

La riduzione dell’Irpef può costare 5 miliardi se si riducono le prime due aliquote, quelle del 23% e del 27% di un punto, o 2 miliardi se si deve invece elevare la soglia al di sotto della quale non si paga l’imposta (la no tax area). Il calo dell’Irap invece, secondo le ipotesi finora avanzate, dovrebbe essere finanziato appunto con un aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Per quanto riguarda quest’ultime, di recente in Italia c’è stato l’aumento al 20% dell’aliquota del 12,5% per gran parte delle attività finanziarie a cui si è aggiunta l’imposta di bollo e la Tobin tax, mentre per quanto riguarda i titoli di Stato, i rendimenti sono tassati ancora al 12,5% e non al 20%.

Dell’aumento delle tasse delle rendite finanziarie – tema ricorrente da tempo nella politica renziana – o di far crescere quelle sui titoli di stato, comunque se ne era molto parlato anche durante il precedente governo. E ancora appena pochi giorni fa, dall’ultima versione del Milleproroghe, è saltata la tassazione al 27% sulle rendite speculative. A sollecitare un intervento in autunno era stata anche la Cgil con la richiesta di tassare i titoli di stato al 15%.

Il sindacato oggi però rivede la sua posizione per non appesantire ancora il ceto medio e chiede invece una patrimoniale. “Non riusciamo a capire – dice Susanna Camusso – come facciano a finanziare le cose che hanno annunciato affermando contemporaneamente che restano nel 3% e che non fanno la patrimoniale. C’e’ qualcosa che non torna”. In un decalogo pubblicato oggi il quotidiano di Confindustria indica spending review e nella minore spesa per gli interessi il reperimento delle risorse per il calo di Irpef e Irap.

Ad indicare nuovamente la strada pochi giorni fa Pietro Taddei, responsabile economico del Pd .”Stiamo ragionando sul fatto di uniformare”, con un innalzamento, “la tassazione sulle rendite finanziarie, in una logica complessiva di ridurre le tasse complessive, partendo dal lavoro. Non solo l’Irap ma anche l’Irpef – aggiunge – La sfida è come intervenire sulla spesa corrente improduttiva per far sì che ci siano le risorse per ridurre le tasse sul lavoro in maniera permanente”. A giocare la partita scende ora in campo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il commissario alla spending review Carlo Cottarelli ha annunciato che già oggi sarebbe pronto a presentare la sua ‘ricetta’ di tagli alla spesa e che punta per il 2014-2016 a reperire risorse per almeno due punti percentuali di Pil, ovvero circa 32 miliardi, ma con ”risparmi significativi” già nel 2014 e nel 2015.

Published by
Warsamé Dini Casali