Secondo il governo, non si tratterebbe di un condono, perché il contribuente pagherebbe il dovuto rispetto alle varie annualità, senza forfettizzazioni; né è uno «scudo» perché l’evasore perderebbe l’anonimato. Tuttavia perché l’istituto sia appetibile, servirebbe un intervento sulle conseguenze penali dell’autodenuncia, che oggi possono arrivare fino alla detenzione. Sul punto si è attivata la commissione presieduta dall’ex magistrato Francesco Greco, che sta lavorando a un altro tassello del piano: il nuovo reato di autoriciclaggio. La proposta Greco, che potrebbe tramutarsi in legge, è che venga esclusa la sanzione penale per chi si autodenuncia prima di essere scoperto. Qualora invece l’autodenuncia avvenga già in corso di accertamento, si applicherebbe la sanzione penale ma con «un’attenuante a effetto speciale».
Per questo il governo pensa anche a un accordo con la Svizzera. Il problema è che, a differenza di accordi stretti da altri paesi con Berna, l’Italia vuole l’elenco di chi ha conti in Svizzera. Niente anonima, insomma. Il che potrebbe ostacolare l’accordo:
Se l’Italia riuscisse nell’intento di garantirsi la totale trasparenza, tenuto conto che secondo le stime più recenti i capitali in Svizzera si aggirano sui 120-180 miliardi, con un’aliquota del 25% sul capitale e un imposta al 25% sugli interessi prodotti, lo Stato italiano totalizzerebbe poco meno di 40 miliardi. Ma la Svizzera ha già lasciato capire che l’aliquota italiana dovrà essere più bassa di quella di altri Paesi, essendo intervenuti negli anni scorsi alcuni condoni che hanno già fatto rientrare capitali in Italia. L’incasso scenderebbe a 10-15 miliardi. E resterebbe il rischio che nel frattempo le banche svizzere spostino i capitali in filiali nei «paradisi fiscali».