ROMA – L’articolo 18 secondo Mario Monti ed Elsa Fornero? E’ più duro di quello chiesto dalla stessa Commissione europea. Lo sottolinea Roberto Petrini su Repubblica. In particolare nel no al reintegro per i licenziamenti economici e nel limite agli indennizzi monetari.
All’Italia in crisi, la Commissione europea ha proposto una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro che prevede l’indennizzo, come la riforma Monti-Fornero, ma solo per i nuovi contratti, e che non esclude il reintegro per motivi economici.
Secondo Bruxelles, la piaga del mercato del lavoro europea è la “segmentazione”, cioè la presenza contestuale di lavoratori temporanei e a tempo determinato. Un fenomeno così diffuso da provocare preoccupazione del punto di vista “sociale ed economico”, sostiene sempre l’Ue, e che va “combattuto”.
Petrini spiega che il problema dei lavori temporanei creano discontinuità nelle carriere, producono salari più bassi, riducono contributi e pensioni. Per di più la Commissione ha notato che è molto difficile passare da un contratto temporaneo ad uno a tempo indeterminato: in media almeno un anno.
Per superare questo stallo, secondo Bruxelles ci vorrebbe il “single open-ended contract” (Soe), il contratto unico a tempo indeterminato, più volte emerso nel dibattito italiano, ricorda Petrini, sotto la forma del progetto Boeri-Garibaldi, del modello francese (proposto Blanchard) e della versione avanzata da un centinaio di economisti spagnoli.
Il modello proposto dall’Ue è quello di un contratto a tempo indeterminato con un periodo di ingresso “sufficientemente lungo”, con un aumento graduale delle protezioni, cioè con un indennizzo monetario in caso di licenziamento che “cresce con l’anzianità”. In questo modo, per esempio, un lavoratore con un salario iniziale di 20 mila euro l’anno, dopo 16 anni potrà contare su una indennità di licenziamento di 50 mila euro.
Secondo Bruxelles questo meccanismo aiuterebbe la stabilità e la produttività, e favorirebbe anche le imprese, grazie alla semplicità del calcolo del costo dei licenziamenti, promuovendo quindi anche le assunzioni.
L’Italia, invece, ha rinunciato a graduare l’indennizzo in base al periodo di lavoro, e prevede solo, scrive Petrini, un indennizzo modulabile dal giudice dai 15 ai 27 mensilità di retribuzione, “con più costi per le imprese e vanificando la certezza degli oneri per il licenziamento”.
Bruxelles, poi, sottolinea Petrini, non esclude affatto il reintegro. Traccia invece tre possibili ipotesi: la prima è quello di “ridurre in modo consistente la protezione legale”, lasciandola solo nei casi di discriminazione, e affidare la protezione solo all’indennizzo monetario.
La seconda prevede che in Paesi con una “alta” legislazione a protezione del lavoro (e tra questi l’Ue riconosce anche l’Italia), il contratto unico si articoli in stadi successivi, mantenendo ferme alcune protezioni. Da un periodo di prova con una protezione legale minima alla conferma, fino al raggiungimento della stabilità, che prevede protezioni legali come nei casi di contratti a tempo indeterminato, quindi con la possibilità di reintegro anche nei casi di licenziamenti per motivi economici.
La terza ipotesi prevede che il reintegro possa essere messo in atto prima della stabilizzazione, cioè sin dalla fase di conferma del lavoratore che segue il periodo di prova.
Di fronte a queste tre ipotesi, scrive Petrini, “l’Italia ha scelto la più radicale”: optando per il contratto unico Monti e Fornero “avrebbero potuto ottemperare alle indicazioni dell’Europa mantenendo tuttavia intatti istituti come il reintegro per motivi economici”.
C’è un ultima questione, secondo Petrini: riguarda i lavoratori che hanno già un contratto a tempo indeterminato: per loro vale o no il nuovo articolo 18 senza reintegro nel caso di licenziamento per motivi economici? Sembrerebbe di sì, secondo Petrini. Il documento della Commissione europea, invece, lo prevederebbe solo per i nuovi contratti. Anzi: per favorire il single open-ended contract, Bruxelles propone incentivi ai lavoratori e alle imprese per abbandonare il vecchio contratto a tempo indeterminato e scegliere il nuovo contratto unico. Ma Roma non ha recepito il suggerimento.