Il 21% della Acea, l’azienda che gestisce la rete elettrica e idrica in larga parte della città di Roma e in molti altri comuni del Lazio si avvia verso il private placement. Così, la società si appresta a vendere parte delle sue quote a società scelte senza che venga fatta una gara pubblica.
Nel consiglio comunale straordinario che si terrà dopo la chiusura dei mercati come richiesto dalla Consob, l’assessore al bilancio Maurizio Leo confermerà la volontà di adeguarsi ai dettami della legge Ronchi ben prima del 2015 portando la quota del comune dal 51% al 30% entro l’anno.
Si stanno già studiando le soluzioni possibili: Acea è quotata in Borsa e il comune potrebbe, con i tempi tecnici di qualche mese, vendere direttamente sul mercato, ma non è questa la strada scelta dal sindaco Alemanno che ha più volte dichiarato di voler trovare una platea «ampia»e qualificata. Il sindaco ha fatto riferimento a «partner legati al territorio, fondazioni, imprenditori», quindi in qualche modo vuole selezionare gli acquirenti. Inoltre la vendita indistinta sul mercato dovrebbe essere fatta ai valori depressi su cui viaggia in titolo in questi mesi: il 30 per cento in meno rispetto ad un anno fa e il 20 per cento in meno rispetto alle altre municipalizzate sul listino.
La selezione avverrà col private placement: verrà dato a una o più banche d’affari il mandato per i candidati e poi verranno venduti pacchetti differenziati per quantità allo stesso prezzo per azione. I criteri sarebbero illustrati in un’apposita delibera della giunta. Così, secondo Alemanno, si risponderebbe a chi parla di una privatizzazione pilotata e affrettata. Tutto il processo (definizione dei criteri, individuazione dei compratori e conclusione dei contratti) dovrebbe durare almeno sei mesi. Nel frattempo l’azienda Acea sarà chiamata ad un riequilibro delle scadenze del debito, e alla soluzione dell’annosa trattativa con Suez-Gaz de France sulle società di produzione e distribuzione dell’elettricità.
Le polemiche tuttavia non risparmiano il sindaco Alemanno che, malgrado le rassicurazioni sulla trasparenza dell’operazione, viene accusato di avere una “fretta sospetta”. Il sindaco dice di aver ben presenti le regole sulle procedure di privatizzazione, anche solo parziale, delle aziende in mano pubblica e assicura che ad esse si atterrà per quanto riguarda la cessione del 21 per cento del capitale di Acea, così riducendo al 30 per cento la quota di proprietà del Comune. Il sindaco ribadirà questo concetto giovedì 11 febbraio nel corso del Consiglio comunale straordinario dedicato alla vicenda.
Pur mostrando una certa chiarezza e trasparenza resta però aperto almeno un altro punto, non secondario, sul quale sarebbe bene che il sindaco fosse altrettanto esplicito. Come spiega Massimo Riva su Repubblica, il decreto Ronchi fissa un termine assai ampio nel tempo per la cessione a privati di quote delle aziende municipalizzate. In sostanza, il Campidoglio ha a disposizione ben quattro anni per assolvere quegli obblighi di legge e non si capisce perché il sindaco voglia chiudere la partita già entro quest’anno.
L’Acea inoltre è una società regolarmente quotata in Borsa e le sue quotazioni hanno inevitabilmente sofferto negli ultimi tempi della caduta generale dei listini azionari. Il che comporta che una cessione a breve del fatidico 21 per cento potrà avvenire solo con inesorabile riferimento ai magri valori del difficile momento borsistico.
