E la risposta di Brivio è un lungo e dettagliatissimo “no, ma…”. Dettagliatissimo perché l’ex bancario, militante di Sel, mostra come anno dopo anno
“Beh, come vede, con 2.110 euro netti supero i tremila lordi. Morale: già da due anni mi hanno bloccato l’adeguamento all’inflazione. Il mio assegno reale diminuisce mese dopo mese. Sia chiaro: da me non sentirà un lamento”.
Quindi le cifre:
“Ho iniziato a lavorare a 17 anni. Quando sono andato in pensione, nel 2009, potevo contare su 2.167 euro al mese. Adesso, con il blocco dell’indicizzazione e le tasse locali che aumentano, ne prendo 2.110: 50 euro in meno al mese, 684 che mancano all’appello ogni anno. E’ a questi conti che bisogna aggiungere la mancata indicizzazione. Con un’inflazione all’uno per cento mi spetterebbero circa 390 euro l’anno. E per fortuna che il tasso di crescita dei prezzi oggi è molto contenuto”.
Il punto è che legittimamente con 2 mila euro al mese Brivio rifiuta l’etichetta di “ricco”.
Nessuno mi deve spiegare che c’è un’Italia che soffre, arranca e lotta per colpa della crisi: lo so già. Però non venitemi nemmeno a dire che con i miei duemila euro al mese faccio parte della categoria dei ricchi. Eh no, non ci sto! La verità è che lo Stato va a prendere i soldi nel mucchio, nelle tasche in cui è sicuro di trovarli, dove è convinto che poi, alla fine, tutto si risolverà con qualche mugugno».
«Però no, non sono ricco – continua Brivio, prendendo fiato a stento -. Benestante sì, sicuro. Ma io qui vorrei che per una volta si guardasse a chi sta meglio. E una cosa è certa: ai ricchi, quelli veri, non vengono chiesti sacrifici proporzionati al reddito».