ROMA – Sindacati uniti a piazza Montecitorio, a Roma, per lo sciopero generale dei dipendenti pubblici: sindacati uniti contro il governo. I segretari generali, Luigi Angeletti, Raffaele Bonanni e Susanna Camusso si schierano contro il ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
Secondo Angeletti “questo Paese si avvicina a un momento in cui i posti di lavoro diminuiranno. Di questo dovrebbe preoccuparsi un governo che vuole salvare il Paese”. Angeletti ha invitato i “professori” a fare “quello che fanno i Paesi più virtuosi, dove le cose funzionano meglio che in Italia”. E cioè “far pagare i ricchi e non sempre chi non ce la fa ad arrivare a fine mese”.
Di un governo “forte con noi deboli e debole con i forti” parla poi Raffaele Bonanni: “Un governo che piega la testa davanti alle corporazioni, alle casse previdenziali e alle rendite dei privilegiati”. “Il governo ha invertito l’ordine naturale delle cose: chi ha di più paga di più e chi ha di meno paga di meno. Ecco perchè non ha voluto nessuna trattativa con il sindacato, tutto sarebbe diventato più trasparente”. E sulla manovra, Bonanni dice che “ha dell’inverosimile”. “Il rigore doveva accompagnarsi con l’equità , aveva detto Monti. Ma dov’è l’equità ? Non c’è, e quindi non c’è coesione sociale”.
Bonanni ha poi aggiunto: “Alla signora Fornero dico che se vuole fare qualcosa per i precari, metta a disposizione gli incentivi per far si che chi è flessibile non si trasformi in precario”. “Lei che fa la maestrina – ha aggiunto Bonanni sempre riferendosi alla Fornero – dovrebbe sapere che senza maggiore salario non si possono avere più contributi”.
Infine anche la Camusso: “Questa è l’Italia che lavora e che garantisce ai cittadini i servizi di cui hanno bisogno. Cancelliamo la parola fannulloni”. La Camusso, che aveva già attaccato la Fornero in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, è tornata a bocciare una manovra “che non è sopportabile per i lavoratori, per i pensionati, per chi già faceva fatica ad arrivare a fine mese. Una manovra che non guarda alle grandi ricchezze e alle grandi evasioni”.
La Camusso ribadisce la sua strenua difesa dell’articolo 18: “Una norma di civiltà , non è vero che aumenta la precarietà ”. E invita il governo a “ricominciare dai contratti e si ricominci dal discutere”. “Venite nel paese reale e forse vi accorgerete che cambiando i criteri della previdenza il Paese non funziona più”. Così il paese non può andare avanti, sostiene. Ma cambiare si può. “Il tema è ridurre la precarietà , non rendere tutti precari”»