Seat: no a Dmail (Antonio Percassi, Vittorio Farina); sì proposta concordataria

Seat: no a Dmail (Antonio Percassi, Vittorio Farina); sì proposta concordataria

ROMA – Non c’è pace per Seat, un volta monopolista delle pagine gialle e bianche e fenomeno di borsa ai tempi della bolla internet.

Ultima puntata: il Consiglio di amministrazione di Seat ha bocciato il piano di integrazione proposto da Dmail e ha deciso di portare avanti la sua proposta concordataria.

Una decisione abbastanza inattesa dopo che dal duo Antonio Percassi-Vittorio Farina era arrivato un significativo ritocco dell’offerta iniziale: dai 46 milioni si era infatti passati a 60 milioni di euro, con condizioni migliorative anche sul fronte del concambio.

Nonostante ciò è arrivata la doccia fredda: secondo il board di Seat, l’offerta di D.Holding (società che fa appunto capo per il 50% ciascuno a Percassi e Farina) non presenta «quelle caratteristiche di certezza, di convenienza e di assenza di rischio che potrebbero giustificare, nell’interesse della società, di Seat Pg Italia e dei rispettivi creditori, l’interruzione dell’attuale percorso concordatario fino a ora proseguito con successo, che la società considera prossimo a una positiva conclusione».

Riferisce Andrea Franceschi sul Sole 24 Ore:

“Non è bastato l’ultimo rilancio della cordata Percassi-Farina, che pochi giorni fa ha portato l’offerta in contanti per Seat Pagine Gialle a 60 milioni di euro migliorando il concambio offerto per la fusione con Dmail. Ieri l’ex monopolista ha detto ufficialmente no al matrimonio con il gruppo di e-commerce.
«Il gioco non vale la candela» è in estrema sintesi la motivazione espressa nella nota in cui il cda della società ha comunicato la decisione. Accettare la proposta di fusione con Dmail avrebbe significato infatti imporre uno stop alla ristrutturazione del debito per proporre le nuove condizioni ai creditori. Una interruzione che avrebbe comportato più di un’incognita. Una tra tutte quella dei tempi della procedura concordataria, che prevede la converione del debito in azioni, che avrebbero subito un’inevitabile allungamento. C’è poi la proposta industriale di integrazione con Dmail che non ha convinto. Tenendo conto peraltro che la stessa Dmail non se la passa proprio bene dato che non chiude bilanci in utile da anni e, al pari di Seat, è stata costretta al concordato preventivo per fare fronte ai debiti.
Bastano i 60 milioni e le azioni Dmail messi sul piatto dallo stampatore Vittorio Farina e dal patron dell’Atalanta Antonio Percassi per far fronte a queste incognite? Evidentemente no: «La proposta di D.Holding (la società di Percassi e Farina ndr.) non presenta le caratteristiche di certezza, convenienza e assenza di rischio che consentano una deviazione dalla proposta fin qui perseguita e che è giunta alle soglie del voto dei creditori» si legge nella nota di Seat Pagine Gialle. E ancora: «Le analisi effettuate hanno evidenziato alcune criticità rispetto alla effettiva realizzabilità del nuovo piano ipotizzato e profili di incertezza rispetto alla convenienza della Proposta D.Holding per il ceto creditorio e, in particolare, per i creditori chirografari finanziari».
I creditori appunto. È a loro che era rivolta la proposta di Percassi e Farina. Ed è stato evidentemente il loro parere informale di azionisti in pectore a contare. Una massa indistinta di banche e soprattutto fondi speculativi, di cui è impossibile conoscere l’identità e il peso specifico, che in questi giorni ha dato il suo giudizio”.

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Gianluca Pace