L’Assemblea nazionale del popolo, insomma il governo di Pechino, ci riprova. Lo scorso autunno erano stati stanziati 600 miliardi di dollari di spesa pubblica per rianimare il mercato interno. Non sono bastati a tenere il ritmo di incremento del Pil a quota 8 per cento, il minimo perchè la Cina non conosca crisi economica, sociale e forse anche politica. Adesso il presidente Wen Jiabao raddoppia: altri 600 miliardi di dollari di investimenti pubblici per consumi e infrastutture.
Il nodo strategico che la Cina deve però affrontare non è tanto la quantità ma la qualità della spesa. Perchè il consumatore cinese dia una mano all’esausto consumatore americano a tenere aperta e produttiva la fabbrica del pianeta serve qualcosa che i cinesi non hanno: il Welfare. Quote di reddito suppletivo sarebbero probabilmente destinate al risparmio privato e non ai consumi perchè in Cina non c’è sistema pensionistico e la demografia configura una società in progressivo invecchiamento.
La questione cinese è poi questione mondiale: quale che sia l’esito della cura Obama, le economie occidentali non sono in gradi almeno per un biennio di riportare produzione e consumi ai livelli pre crisi. Quindi la spesa pubblica di Pechino è indispensabile per fermare l’intero pianeta a un passo dalla depressione globale.