ROMA – Statali “fannulloni” licenziati dopo 2 anni di brutti voti. Le norme in cantiere. E’ lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha rispolverato l’aggettivo “fannulloni” riferito ai dipendenti pubblici a proposito della licenziabilità degli statali con scarso rendimento. Lo stesso aggettivo usato da Renato Brunetta quando sedeva sulla poltrona dell’attuale ministro Madia e che sollevò un vespaio.
Renzi ha stralciato provvedimenti in tal senso dal jobs act, ma dopo che l’Italicum avrà superato lo scoglio del Senato è proprio in questa sede (febbraio/marzo) che riprenderà l’iter sulla riforma della pubblica amministrazione dove di licenziabilità degli statali e di equiparazione con i privati se ne riparlerà eccome.
Eppure, segnala Andrea Bassi su Il Messaggero, il prossimo decreto sulla PA potrebbe sfruttare da subito una corsia privilegiata proprio sulla scorta del decreto Brunetta sui cosiddetti fannulloni che in effetti è rimasto solo sulla carta: lì si prevede il licenziamento del dipendente pubblico dopo due anni di valutazioni negative. Se per 24 mesi le pagelle sono brutte lo statale potrà essere licenziato.
La riforma Brunetta, come ha ricordato Michele Gentile della Cgil, già ha disciplinato il tema. Persino l’allontanamento del dipendente pubblico poco produttivo, il fannullone evocato ieri da Renzi, è già possibile. Chi per un biennio ottiene valutazioni insufficienti, può essere messo alla porta. Alla stregua di chi ruba, di chi molesta i colleghi, e degli assenteisti. Il problema è che tutte queste norme sono per ora rimaste solo sulla carta.
Nessun dirigente pubblico rischia di allontanare un suo dipendente, perché i giudici potrebbero ritenere illegittimo il licenziamento e il dirigente potrebbe essere chiamato a risarcire il danno erariale causato. È questo il tema che il governo potrebbe decidere di affrontare nella legge delega per semplificare l’iter. (Andrea Bassi, Il Messaggero)