ROMA – 220 statali licenziati nel 2013: quasi la metà per assenze ingiustificate. In totale nella pubblica amministrazione sono stati avviati nello stesso anno 6.900 procedimenti disciplinari. Le cifre sono riportate sul sito della Funzione pubblica: quasi metà, il 45%, deriva da assenze (ingiustificate o non comunicate per tempo). Tra le motivazioni, ai 99 licenziamenti legati alle assenze, seguono i 78 connessi a reati (il 36%), i 35 causati da comportamenti non corretti verso i superiori o i colleghi, da negligenza e inosservanza degli ordini di servizio (il 16%). Completano il quadro le uscite dovute al fenomeno del cosiddetto doppio lavoro, attività extralavorative non autorizzate (7, pari al 3%).
Se si guarda, sempre con riferimento all’attività dell’Ispettorato, ai diversi comparti, il maggior numero di licenziamenti si osserva per scuole (81) e ministeri (66). Rispetto all’anno precedente la cifra complessiva risulta pressoché stabile (223 nel 2012), ma allora la ragione principale per l’interruzione del rapporto di lavoro era collegata ai reati: spiegavano il 47% dei licenziamenti (le assenze dal servizi coprivano il 29%). Sempre i reati davano ragione di quasi la metà delle interruzioni del rapporto di lavoro nel 2011, quando però il numero complessivo di licenziamenti disciplinari risultò più alto (288).
Non ci sono comunque solo i licenziamenti, un procedimento disciplinare si può concludere anche con una sospensione: giorni, ma possono anche essere mesi, in cui il dipendente, messo fuori dal suo ufficio, è privato della retribuzione. In tutto le sospensioni sono state quasi 1.400 nel 2013, sempre stando ai dati del sito della Funzione pubblica (aggiornati a gennaio). Il totale dei procedimenti disciplinari (6.935 gli avviati e 6.302 i conclusi) si chiude quindi in un quarto dei casi con l’adozione di sanzioni gravi, quali sono considerate il licenziamento o la sospensione, fa notare l’Ispettorato nella sua relazione sull’attività condotta nel 2013. I dati emersi, sottolinea l’Ispettorato, parlano di un numero di procedimenti conclusi con sanzione grave, appunto circa il 25%, “stabile” nell’ultimo triennio (con la stragrande maggioranza corrisponde a sanzioni piuttosto che a licenziamenti).