ROMA – I direttori delle principali gallerie d’arte italiane guadagnano tra i 30 ed i 40 mila euro l’anno. I manager pubblici hanno stipendi dai 300 mila euro l’anno in su. Un commesso di Palazzo Madama, guadagna 4 volte di più del direttore degli Uffizi di Firenze. Questa è la meritocrazia in Italia, come spiega Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Ora Pd, Pdl e Terzo Polo hanno preparato una proposta di legge per un tetto agli stipendi dei manager pubblici, che non potranno guadagnare oltre i 300 mila euro l’anno. Cifra che rimane ben 10 volte superiore ai dirigenti dei musei italiani.
Antonio Natali, il direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze, guadagna 1.780 euro al mese. Anna Lo Bianco, direttore della Galleria nazionale d’Arte antica di Roma, appena 1.765 euro netti al mese. Un guadagno annuo di circa 30 mila euro al netto, ben 10 volte inferiore ai 395 mila euro annui di Antonio Rosati, direttore della Consob, che poi prende altri 95 mila euro l’anno come membro della Commissione di garanzia per gli scioperi. Stipendi 16 volti inferiori ai 519.015 euro lordi di pensione di Antonio Malaschini, ex segretario generale del Senato. In Spagna, nonostante la crisi, i colleghi dei nostri direttori guadagnano tra i 50 ed i 60 mila euro.
La buona notizia per i nostri direttori è stata l’annuncio di un aumento di stipendio dal dicastero dei Beni culturali, per un valore di 100 o 150 euro, che sarà assegnato tramite concorso. Per ottenerlo dunque vanno presentati diploma di laurea, pubblicazioni e tutti gli incarichi sostenuti. Una richiesta, specialmente quella del certificato di laurea, che ai direttori è apparsa una umiliazione e li ha portati a scrivere una lettera, che Stella ha pubblicato sul Corriere.
“Tra tanti che sentono il dovere della trasparenza a proposito dei propri redditi, vogliamo ora proporci anche noi, archeologi, storici dell’arte, architetti, archivisti, bibliotecari, funzionari con compiti complessi che spaziano dalla gestione del personale al fund raising, alla direzione di musei, fino a incarichi altamente specialistici come la cura di mostre, grandi restauri o la redazione di pubblicazioni scientifiche”, scrivono nella lettera.
Nella lettera si parla dello stipendio, inferiore ai “duemila euro al mese; ed è lo stipendio vero, che non prevede nessuna indennità, nessun altro tipo di compensazione”. C’è anche la frustrazione per la riforma Bassanini, che “stabilì fortissimi aumenti di stipendio solo per i dirigenti del ministero dei Beni culturali con contratti di tipo privatistico, allargando a dismisura la differenza tra i prescelti e non, con una conseguente e inevitabile soggezione dei primi nei confronti della politica”.
Si chiedono poi cosa avrebbe detto di loro il giornalista Vittorio Feltri, “che nel corso di una trasmissione televisiva definiva “scherzosamente” barboni i parlamentari per i loro compensi, in fondo di modesta entità se confrontati a tanti altri. E vorremmo anche sapere cosa pensano il presidente del Consiglio Monti e il ministro Severino che con rigore ritengono il denaro il giusto compenso al merito”.