Di certo l’avrete visto in un qualche film o in una qualche fiction in tv: sulla banconota falsa c’è scritto 100, è il valore nominale, dollari, euro, sterline, yen o yuan che siano. Il falsario le sue banconote false con sopra scritto 100 non le rivende certo a 100, tanto meno le va a cambiare in soldi buoni dal tabaccaio come Totò nella Banda degli onesti. Il falsario le banconote false le piazza a pacchi, le vende più o meno all’ingrosso. Ma non certo a valore 100, diciamo a 40. Chiede 40 euro, dollari, sterline o quel che sia per una banconota dove c’è scritto 100. Chi la compra a 40 la banconota falsa poi la rivende a sua volta, ad un prezzo di, mettiamo 50. Il falsario originale ha guadagnato alla fine del giro 40 a banconota, cui sottrarre i costi materiali della falsificazione.
Il secondo del giro ha guadagnato 10, la differenza tra il 40 pagato e il 50 a cui vende. Il giro, il mercato delle banconote false può prevedere anche altre stazioni intermedie, altre cessioni di capitale, c’è un 100, il valore nominale falso da dividersi e da trasformare in quote di profitto. Però il mercato delle banconote false ha un limite fisiologico: la “redditività” del far girare banconote false da 100 non può mai essere superiore a 100, anzi a 100 non può mai arrivare. E’ invece in attività un altro mercato, può arrivare ad una redditività 100 e forse anche superiore e non lo si vede nei film o nelle fiction, lo si vede da mesi nella realtà quotidiana.
Fai girare il falso credito fiscale
Prendi un codice fiscale, abbinaci una dichiarazione di inizio lavori, perfeziona e completa il pacco con un po’ di fatture false e hai confezionato un falso credito fiscale. Spedisci alla Agenzia delle Entrate e, a norma di Super Bonus edilizio, lo Stato ti deve rimborsare 110 dove tu hai speso 100. Non hai però speso 100, hai speso solo quanto serviva a confezionare il falso credito fiscale, insomma come le spese vive per stampare banconote false. E come le banconote false i falsi crediti fiscali hanno un mercato, li puoi rivendere, c’è chi li compra. Il valore nominale è 110, più della banconota falsa da 100. C’è quindi più spazio e agio per la redditività delle cessioni, cioè della varie stazioni del giro. Confezioni falso credito fiscale da 110, ti costa un po’, lo rivendi a, mettiamo, 60. Chi lo compra a 60 lo rivende a 70. C’è margine, c’è spazio, alla fine Stato paga 110.
C’è folla alla cessione crediti
Trenta e passa miliardi fino al giugno 2023, questi i soldi pubblici stanziati per il Super bonus. Finora, e manca un anno e mezzo alla scadenza, stimati 4 miliardi di crediti fiscali falsi messi in giro. All’incirca un quarto del totale se rapportati alla spesa finale. Un quarto non è il tutto, ma non è certo un’eccezione. Se all’ingrosso il 75 per cento dei lavori edilizi premiati dal Super bonus sono veri e regolari, uno su quattro almeno non lo è. Se ogni quattro banconote da 50 o 20 euro circolante fosse falsa…questa la dimensione e la qualità di ciò che accade con Super bonus edilizio.
Ma, se soldo fa girare soldo…
Fermare la cessione e il mercato dei crediti fiscali falsi? Aziende dell’edilizia, quelle regolari che i lavori li fanno davvero e non fatturano falso, sindacati, proprietari di immobili, famiglie, cantieri, partiti politici temono che fermare il girar dei soldi metta “in ginocchio”. Onestà, onestà sì ma non se questa onestà costa qualcosa letteralmente a casa mia. Se la banconota falsa o il falso credito fiscale fanno girare la ruota dei soldi…primo non fermare la ruota dei soldi. Tanto più che di chi sono quei 30 miliardi del Super bonus? Dello Stato, quindi di nessuno. Anzi, di chi se li piglia.