Le Borse stanno riacquistando la fiducia. Le banche hanno iniziato a macinare utili miliardari. Ma i titoli «tossici» ci sono ancora. Il fardello è diminuito rispetto a un anno fa (tante banche l’hanno ridotto anche del 20-30%), ma a livello aggregato si tratta tuttora di una montagna gigantesca: 1.437 miliardi di dollari, secondo la banca dati di Bloomberg che comprende 827 istituti di credito mondiali. Eppure questa montagna oggi non terrorizza più nessuno. Un po’ perché le banche l’hanno lievemente ridotta.
Un po’ perché le riforme in extremis delle regole contabili, sia in Europa sia in America, hanno permesso di tamponare le perdite. Un po’ perché il recupero delle Borse ha permesso agli istituti di credito di realizzare abbondanti utili e di riemarginare tante ferite. Quelli che per mesi sono stati chiamati titoli «tossici» dovrebbero in realtà essere definiti «illiquidi».
Si tratta infatti di obbligazioni o di altre attività che dal 2007 non hanno più avuto un mercato, dunque non hanno più avuto alcun prezzo: a volte perché sono titoli complessi (per esempio le obbligazioni create impacchettando altre obbligazioni o derivati), a volte perché non sono trasparenti. Le banche, non potendo iscriverli in bilancio al valore di mercato, li valutano con semplici modelli matematici. E poi li inseriscono in un capitolo del bilancio chiamato «livello 3». Nei momenti peggiori della crisi, la parola «livello 3» era diventata sostanzialmente sinonimo di «spazzatura».
Eppure ci sono banche che hanno titoli nel «livello 3» per un ammontare quasi doppio al loro patrimonio netto. È il caso, per esempio, di Deutsche Bank. Secondo i calcoli effettuati da Mediobanca, il gruppo tedesco a giugno 2009 aveva attivi di «livello 3» pari a 64 miliardi di euro: in calo del 27% rispetto a fine 2008, ma pur sempre pari al 180% del patrimonio netto. Anche Citigroup – secondo i documenti depositati presso la Sec – ha ridotto i titoli illiquidi dai 154 miliardi di dollari di un anno fa ai 103 miliardi del terzo trimestre 2009.
Ma tutt’oggi questa montagna rappresenta circa due terzi del patrimonio netto ed è pari all’intero patrimonio tangibile della banca. Stesso discorso per JP Morgan e Goldman Sachs. Insomma, come scrive il “Sole 24 Ore” la zavorra è un po’ diminuita, ma resta tuttora pesante.