Si chiama “Banca per il Mezzogiorno”, gli sportelli saranno quelli delle banche del credito cooperativo, per ora 600 nel Sud d’Italia. Poi arriveranno quelli di Poste Italiane che partecipa all’operazione, altri quattromila uffici e quindi sportelli nell’area. I soldi ce li mette lo Stato, sia in via diretta con un finanziamento iniziale, sia sotto forma di meno tasse a carico di chi compra i bond emessi dalla banca neonata. Su questi bond si pagherà il 5 per cento invece del 12,5 che si paga sugli altri titoli finanziari. Il papà della Banca per il Mezzogiorno è Giulio Tremonti, lui l’ha fortemente voluta, nonostante i dubbi di altri ministri del Sud. Dubbi relativi non allo strumento ma al “manico”, insomma dubbi su chi e come decide l’erogazione del credito: centralizzata o sparsa sul territorio?
Perchè a questo serve la Banca del Mezzogiorno: a finanziare progetti di impresa nel Sud d’Italia. Tremonti sostiene che è l’unica area europea sprovvista di un tale strumento. In Consiglio dei ministri c’è stata accesa discussione, poi la Banca è passata con il sofferto sì di tutti. Tremonti ha spiegato: «Servirà a chi vuole ampliare l’albergo o lo stabilimento balneare o aprire una pizzeria». E ha chiesto al Parlamento una discussione e decisione rapida e veloce. Sul tema finora la Lega ha taciuto.
I rischi: che sulla Banca per il Mezzogiorno vengano dirottate risorse finanziarie altrimenti utili per l’abbassamento della pressione fiscale. E poi il rischio di una proliferazione di “pizzerie e stabilimenti” più o meno fittizi proprio per intercettare i fondi.
Le opportunità : un credito “territoriale”, in concorrenza e sfida con le grandi banche italiane, Intesa e Unicredit soprattutto. Una più facile erogazione del credito alla piccola imprenditoria e un aiuto concreto al Sud d’Italia.
