In Italia la selezione della classe dirigente e’ affidata a una ”cooptazione, direi collusiva: io mi considero una distrazione di questo sistema”. Alessandro Profumo aveva sintetizzato cosi’, anni fa, la sua esperienza di banchiere anomalo, estraneo all’establishment finanziario italiano. E oggi lo conferma intessendo un lungo braccio di ferro con gli azionisti che gli hanno chiesto di farsi da parte. Lo scontro sulle sue dimissioni, prima date per certe e poi di nuovo in stand-by, sospendono il destino di Piazza Cordusio e con questo quello della finanza italiana, che non sa se Unicredit tornera’ in equilibri politici ‘nazionali’ a cui Profumo aveva cercato di sottrarla o se il peso della Lega nell’azionariato e nelle future scelte decisionali dell’istituto e’ destinato a vincere definitivamente la partita o a rimandare la resa dei conti.
Un banchiere diverso dai grandi vecchi della finanza come Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, abili diplomatici, conoscitori e tessitori del ‘sistema’. Cosi’ appariva e appare tuttora sulla stampa nazionale e internazionale Profumo, dipinto come un grande condottiero della finanza, con una gestione accentrata, ‘imperiale’. Nel 2007, dopo aver rilevato Capitalia, deve pero’ confrontarsi proprio con quel sistema di potere che, a geometrie variabili, ma con gli stessi protagonisti, ha di volta in volta regolato l’accesso alla stanza dei bottoni nei salotti finanziari, da Rcs (dal cui patto di sindacato Profumo decide appunto di uscire) a Mediobanca e Generali, la perla di tutto il sistema, dove da pochi mesi siede appunto il banchiere romano.
Oggi le immagini di repertorio insistono proprio sulla conferenza stampa che annunciava la nascita della prima banca italiana, con Profumo al centro del palco con accanto Geronzi e Rampl: il banchiere genovese appariva inarrestabile soprattutto perche’ all’inizio era stato spesso ostacolato dal ‘sistema’, ad iniziare dall’allora governatore Antonio Fazio, che blocco’ l’opa di Unicredit sulla Comit, primo scossone ad una gestione ‘chiusa’ del credito italiano crollata alla fine del 2005 con le dimissioni di Fazio. In pochi anni tutto e’ cambiato, complice la grande crisi finanziaria e ora la posizione di Profumo diventa chiave di volta per i futuri equilibri del mondo finanziario.
La sua uscita di scena, auspicata dalle fondazioni e dagli azionisti tedeschi che pure all’inizio l’avevano difeso, farebbe saltare anche vecchi e impliciti equilibri, ad iniziare da quello che vede Unicredit istituto a vocazione europea, senza legami troppo stretti con le vicende italiane, e Intesa Sanpaolo banca di sistema, ‘sensibile’ alle vicende nazionali, da Alitalia a Telecom. Perche’ con l’addio di Profumo cambierebbe il peso delle fondazioni azioniste che, nel nome di un’attenzione al territorio e all’italianita’ (anche se difesa in prima persona dal tedesco presidente Dieter Rampl) vincerebbero la guerra con l’a.d dopo aver gia’ incassato la vittoria nella battaglia per la gestione della banca con la creazione del country manager per l’Italia. Figura voluta dalle Fondazioni e dalla Lega che, forte del successo elettorale al Nord nel 2008, che le ha dato sempre piu’ spazio negli enti locali e quindi nelle fondazioni da questi governate.
Profumo non ha saputo o potuto finora respingere le richieste delle Fondazioni azioniste di Unicredit come invece ha saputo fare in Intesa un abile conoscitore del sistema come Bazoli, che dopo la ‘concessione’ della banca dei Territori, ha gestito la scelta della presidenza della banca. La sua permanenza o meno al timone della banca milanese puo’ mettere inoltre in discussione anche il rapporto tra Unicredit e Mediobanca, sbilanciato dopo la fusione con Capitalia a favore di Profumo e ora ridefinito anche grazie al sostegno finanziario di Piazzetta Cuccia nella ricapitalizzazione all’inizio negata e poi accettata da Profumo nel 2008, in quello che e’ stato considerato il primo grande errore della sua carriera.
Inizio della sua parabola discendente, in cui ha dovuto piu’ volte scendere a patti con azionisti e management di Piazza Cordusio non potendo fare leva sul mercato, su una filosofia manageriale messa in discussione dai crac bancari, fino allo scontro di oggi tra due visioni del modo di fare banca: quello di Profumo, rivolto all’intera ‘geografia’ del gruppo e quello delle fondazioni azioniste e dei tedeschi, desiderosi di avere una gestione decentrata e collegiale della banca, necessariamente piu’ legata al territorio, al sistema, quello che Profumo cerca fino all’ultimo di battere, ancora una volta, anche se non si sa per quanto.