Unicredit: Rampl, da straniero alla voce degli azionisti

Da presidente ‘straniero’, appena tollerato dai grandi soci italiani che volevano anche sostituirlo lo scorso anno, a grande tessitore e ‘collettore’ dei malumori dell’azionariato. Dieter Rampl, austriaco di nazionalita’ ma nato a Monaco nel 1947, ha rivestito nell’uscita dell’ad di Unicredit Alessandro Profumo, dal quale stasera ha raccolto le deleghe, un inedito ruolo che contrasta con un’attivita’ limitata in questi anni.

Manager pragmatico, alla mano e spesso sorridente, Rampl arriva in Unicredit come presidente con la fusione Hvb, la banca bavarese in gravi difficolta’, dove rivestiva la carica di amministratore delegato e nella quale viene accusato di aver ceduto troppo potere agli italiani sacrificandone l’autonomia. Rampl inizia a lavorare prima dei vent’anni alla Bayerische Vereinsbank, banca che nel 1998 si e’ fusa con la Bayerische Hypotheken-und Wechselbank, facendo nascere cosi’ la Hypovereinsbank nella quale lavora presso le sedi di Ginevra Londra, New York e Francoforte, scalando le posizioni interne. Lo sbarco a Piazza Cordusio non e’ dolce: viene tollerato a fatica dai soci tradizionali, non parla italiano ma solo inglese e viene percepito come schierato sulle posizioni del management e di Profumo con il quale l’intesa sembra sempre profonda.

All’inizio del 2009, fra le fondazioni azioniste che hanno messo mano al portafoglio per l’aumento di capitale e chiedono contropartite nella governance, circolano voci su di una sua sostituzione con una personalita’ italiana, come i vicepresidenti Gianfranco Gutty o Fabrizio Palenzona, una volta giunto alla fine del mandato triennale. Il presidente di Cassamarca, Dino De Poli, lo definisce ”un presidente ornamentale e pure senza tanti ornamenti”. Rampl resiste e a febbraio 2009 incassa la riconferma. Al presidente ‘tedesco’ cominciano cosi’ a fare appello gli enti per chiarire i dubbi sul progetto di banca Unica voluto da Profumo. Dopo un primo confronto a novembre e tensioni con il management, il progetto viene rinviato per l’approvazione ad aprile ed emendato.

Ed e’ sempre il presidente che rivede le fondazioni a fine luglio dopo l’arrivo nel capitale di Abu Dhabi. E’ nella crescita dei libici pero’ che si consuma l’ultimo strappo fra l’ad che sapeva dell’operazione, ma non ha potuta rivelarla per non incorrere nelle sanzioni sul market abuse, e il presidente, all’oscuro e fatto oggetto di una richiesta formale di spiegazioni della Banca d’Italia.

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