ROMA – Sul controverso, tribolatissimo matrimonio Unipol-Fonsai, siamo arrivati alle partecipazioni: nella giornata di domenica 29 gennaio il cda di Unipol-Finsoe ha velocemente approvato il via libera all’operazione, mentre sono servite parecchie ore perché dai consigli di amministrazione di Premafin prima e di Fondiaria-Sai dopo, uscisse il sospirato ok. Per il certificato di matrimonio ci sono ancora parecchie pratiche da sbrigare: manca il vaglio dell’Isvap (l’autorità sulle assicurazioni) che giudicherà la solvibilità, poi toccherà a Consob e infine all’Antitrust. I titoli coinvolti procedono contrastati in Borsa la mattina dopo l’annuncio serale. Le Fonsai hanno accusato un tonfo del 9,2%, mentre le Unipol vanno su del 3,8%. Se Milano Assicurazione arretra del 4,8%, Premafin crolla quasi del 30%.
I due gruppi insieme gestirebbero premi assicurativi per oltre 20 miliardi diventando leader nazionale nel settore danni con una quota del 29% e del 35% nella Rc Auto. Il secondo gruppo assicurativo italiano. I veri ostacoli al buon esito dell’operazione non mancano: riuscire a ottenere dalla Consob l’esenzione dall’Offerta pubblica d’acquisto, la verifica Antitrust e la doppia onerosa ricapitalizzazione, una di Unipol da 1100 milioni di euro e una di Fonsai da 1000 milioni che include un aumento del capitale di Premafin riservato a Unipol da 350 milioni.
La strada intrapresa è un salvataggio da parte di Unipol che non prevede più un pagamento come premio di controllo alla famiglia Ligresti, la cui quota arriva al 10% in Premafin e sarà ancora più diluita nel futuro colosso. I Ligresti rinunceranno anche ai 14 milioni di “indennizzo”: Unipol non farà nessuna offerta sulla finanziaria Premafin, si limiterà a ricapitalizzarla di 350 milioni che saranno subito dirottati in Fonsai, a quel punto pronta a lanciare un aumento di capitale da un miliardo. Tutto questo grazie alla mediazione, alla moral suasion con cui il presidente Consob Vegas è intervenuto presso Mediobanca, sensale delle nozze e i protagonisti della vicenda. Intervento, quello di Vegas, giudicato “irrituale” dal commissario Consob Michele Pezzinga, che prende le distanze contestando la legittimità di una iniziativa esclusiva e personale.
In realtà tutta l’operazione sembra viziata da “irritualità” varie a livello procedurale, mentre certe pratiche adottate rimandano a logiche da finanza chiusa, ermetica a quelle di mercato. “In un mondo normale – notava Salvatore Brigantini sul Corriere della Sera – Premafin sarebbe fallita schiacciata dai debiti”. Il vizio d’origine del capitalismo italiano, quelle scatole cinesi che preservano gruppi e famiglie dalla contendibilità al prezzo di cattive gestioni e ingessatura del sistema familistico dei soliti noti, coinvolge tutti gli attori della vicenda. Dalle autorità di controllo e garanzia, che troppe volte hanno chiuso un occhio quando non entrambi, a Mediobanca interessata a rientrare dei debiti (ma perché accordò i crediti?).
Insomma un’operazione di mercato senza i crismi dell’impeccabilità, ma, d’altra parte, l’alternativa suonerebbe davvero peggiore. “Per l’Italia 2012 trovarsi commissariato un gruppo assicurativo da 12 miliardi di premi (Fonsai ndr.) e far cancellare 2 miliardi di debiti alle banche sarebbe l’equivalente di una piccola Lehman: un trionfo del mercato, un disastro per tutti” scriveva Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera il 22 gennaio 2012. Il paracadute esclusivo ai Ligresti, immaginato in un primo momento e ora grandemente ridimensionato, su suggerimento Consob, è però un passo avanti rispetto alla logica che cinicamente consentiva il salvataggio dei diritti degli assicurati Fonsai e dei suoi creditori (le banche) senza curarsi dei diritti degli piccoli azionisti Fonsai.
Vittorio Malagutti aveva gioco facile nell’ironizzare sul Fatto Quotidiano questa tendenza ad abbandonare al proprio destino gli investitori che si siano assunti il “rischio Ligresti”. Anche creditori come Mediobanca, socio principale del Corriere della Sera, si erano assunti quel rischio: “Solo che i banchieri, a differenza dei risparmiatori, possono tutelare i loro interessi con operazioni che danneggiano gli altri soci”. E a proposito di doppi registri sulla moralità di capitani d’industria e amministratori delegati e magnificati: nessuno, sulla grande stampa, dubita, a ragione, delle capacità dell’ad di Unipol Carlo Cimbri, “salvatore” di Fonsai, ma che abbia ricevuto una condanna in primo grado di tre anni e sette mesi, solo tre mesi in meno del “paria” Giovanni Consorte, suo capo diretto nella tentata scalata a Bnl, è vietato scriverlo?