Usa: Cit Group annuncia bancarotta pilotata. Prime falle nel piano anticrisi di Obama?

Carl Ichan

Cit Group, uno dei più grandi e antichi gruppi di credito alle piccole e medie imprese degli Usa, ha chiesto di ricorrere al Chapter 11, la bancarotta pilotata.

Il gruppo ha  denunciato debiti per 65 miliardi di dollari e asset per 71 miliardi di dollari.

La richiesta di bancarotta pilotata della società potrebbe tradursi – almeno secondo quanto scrive il quotidiano Usa  Wall Street Journal – per il Tesoro americano nella prima perdita nell’ambito del programma di salvataggi messo in atto.

Il presidente di Cit Jeffrey Peek in una nota ha spiegato che «la decisione di procedere con il nostro piano di riorganizzazione consentirà a Cit Group di continuare a fornire fondi alle piccole e medie imprese, un settore di importanza vitale per l’economia americana».

Cit Group punta a riemergere in due mesi della bancarotta e ha ottenuto un finanziamento da 1 miliardo di dollari dall’investitore Carl Icahn per finanziare la riorganizzazione.

Il Dipartimento guidato da Timothy Geithner ha investito 2,3 miliardi di dollari di soldi dei contribuenti nella società nel tentativo di stabilizzarla. Dallo scorso anno il Tesoro ha investito 400 miliardi di dollari in diverse aziende americane in tutti i settori di attività: molte società, come Goldman Sachs, hanno già provveduto a restituire i fondi ottenuti. La bancarotta di Cit, invece, rischia di essere la prima seria perdita per il piano anticrisi promosso dall’amministrazione Obama. Quello della società di credito Usa rappresenta il quinto fallimento, in ordine di grandezza, della storia economica Usa.

Cit Group si presenta in tribunale con i creditori che hanno già dato il loro via libera al piano di riorganizzazione della società, che potrà avvalersi di una linea di credito da 1 miliardo di dollari accordato dall’investitore Carl Icahn come prestito debtor-in-possession. Cit Group punta a uscire dalla bancarotta in due mesi. Con il Chapter 11 Cit Group mira a riddure il proprio debito di 10 miliardi di dollari.

«La decisione di procedere con il nostro piano di riorganizzazione – spiega in una nota il presidente e amministratore delegato Jeffrey Peek – consentirà a Cit Group di continuare a fornire fondi alle piccole e medie imprese, un settore di importanza vitale per l’economia americana».

Cit Group, vittima del “credit crunch” e della recessione, ha tentato in tutti i modi di evitare la bancarotta, ma senza successo. I creditori hanno bocciato seccamente l’ultima offerta di swap avanzata: il 90% ha invece appoggiato il piano per la bancarotta pilotata.

Secondo Brian Charles, analista di R.W. Pressprich & Co, anche se Cit Group emergesse intatta dalla bancarotta la sua capacità di concedere prestiti si ridurrebbe di circa il 20% in due anni.

Il Chapter 11, invrece,  «é rischioso: non c’é certzza che Cit Group ne emergerà» osserva Donald Workman, dello studio legale Baker Hostetler. Ma per altri osservatori il piano di riorganizzaizone di Cit Group mette la società in una buona posizione: «Se l’accordo è già concordato – mettono in evidenza alcuni osservatori -, i problemi possono essere risolti in bancarotta senza perdere i clienti».

Intanto le borse reagiscono male al fallimento pilotato di Cit: Tokyo ha chiuso la seduta in territorio ampiamente negativo: il Nikkei ha fatto registrare  un tonfo del 2,31%, attestandosi a 9.802,95 punti.

Solo il 1 novembre il segretario al Tesoro Tim Geithner aveva  detto che il sistema bancario americano è diventato«drammaticamente più stabile» grazie alle misure prese. Eppure c’é ancora parecchio da fare. A breve verrà al pettine negli Usa anche il nodo dei bonus: la Fed – che vuole assicurarsi che in futuro non siano premiati i banchieri troppo amanti del rischio – ha infatti convocato i capi delle 28 maggiori banche americane per discutere i meccanismi di vigilanza sulle retribuzioni.

Giornate campali anche in Europa: Londra – scrive il Sunday Telegraph – starebbe valutando di vendere parti di Lloyds, Northern Rock e Royal Bank of Scotland, i tre istituti salvati con i soldi dei contribuenti. La vendita (fra i potenziali acquirenti si aprla di Virgin ed del gigante dei supermercati Tesco) darebbe vita a tre banche commerciali che non faranno anche le banche d’investimento. E aiuterebbe il governo di Sua Maestà a recuperare parte dei fondi spesi per aiutare le banche, uno dei fattori che più hanno colpito la popolarità del Premier Gordon Brown a pochi mesi dalle elezioni.

Una nemesi storica per Rbs, che aveva capitanato lo smembramento di Abn Amro due anni fa. Lloyds, intanto – scrive il Mail on Sunday – avrebbe ottenuto il sostegno della gran parte degli azionisti al suo maxi-aumento di capitale che potrebbe partire già martedì 3 novembre.

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Emiliano Condò