Usa, Nevada. Divorata dalla recessione, Empire è ora una ”città fantasma”

Empire, Nevada

EMPIRE, STATI UNITI – Ai turisti in California vengono mostrate ”città fantasma” un tempo brulicanti di gente per via della febbre dell’oro cominciata nel 1848. Per rendere il paesaggio più caratteristico, gli organizzatori turistici assoldano finti cowboy che con finte pistole si sparano addosso con ketchup che passa per sangue.

Ora di città fantasma ce n’è una vera. Empire, piccolo centro minerario nel Black Rock Desert del desolato Nevada, 170 km. da Reno, creata nel 1923 ed ora cancellata dalla recessione. Dal 20 giugno ha semplicemente cessato di esistere: i suoi 300 abitanti se ne sono andati e non esiste più neanche il suo codice postale.

Empire era una cosiddetta ”company town”, ovvero una città che vive del lavoro fornito da questa o quella azienda. Nel caso di Empire, la sopravvivenza scaturiva dalla United States Gypsum Corporation (USG), che è la più grande produttrice di muri a secco degli Stati Uniti. Ora, a parte le case e le strade vuote pervase da un inquietante silenzio, è rimasto anche il recinto con filo spinato, ormai del tutto inutile, che circonda i circa 70 ettari quadrati dove sorgeva l’azienda. Qualcuno in cima al recinto ha piantato un cartello con la scritta: ”Benvenuti nel Nulla”.

All’apice del suo benessere Empire aveva 750 abitanti, come informa la rivista dell’azienda, Gypsum News, nel numero del luglio 1961, che affermava: ”La gente che mette su casa a Empire è come una grande famiglia”. Gli abitanti non se la passavano male, anche perchè – nel classico stile delle ”company town” – a tenere d’occhio i prezzi ci pensava la Gypsum. Le villette dell’azienda con due camere da letto si affittavano per 250 dollari al mese, e un appartamento ne costava 100. Acqua, tv via cavo, fognature, raccolta dell’immondizia e collegamento a internet erano tutti pagati dall’azienda.

Ai lavoratori con 25 anni di anzianità veniva regalato un elmetto protettivo con vernice dorata, nessuno si preoccupava di chiudere case o automobili, e i ragazzi spadroneggiavano in tutto il vicinato, mai troppo distanti, però, per non sentire la madre che annunciava la cena. Ci si poteva, con moderazione, anche svagare: c’era una piscina, un campo da tennis e un campo da golf. Chi voleva cimentarsi alla roulette o al blackjack poteva andare a Reno, dove il gioco è legale come a Las Vegas.

Ma la recessione è piombata su Empire come un avvoltoio. Proprio prima di Natale agli abitanti è stato detto che la città non sarebbe più esistita, e 92 operai sono stati informati che non solo non avevano più il lavoro, ma neanche la casa. L’azienda ha comunque concesso ai lavoratori con famiglia di restare in abitazioni appositamente costruite per loro per altri cinque mesi in maniera che i ragazzi possano finire la scuola.

A divorarsi la cittadina di Empire non è stata però solo la recessione, che comunque ha peggiorato le cose. L’azienda ha registrato perdite per 1,5 miliardi di dollari negli ultimi tre anni perchè è calata la richiesta dei suoi prodotti. Girano voci che se l’economia migliorerà, la città e l’azienda potrebbero essere riaperte, ma non sono in molti a crederci.

Calvin Ryle, che si è aggiudicato il suo elmetto protettivo dorato dopo 25 anni di lavoro, dice che lo lascerà nella casa che è costretto ad abbandonare. ”Chissà – dice – se un giorno la fabbrica riapre potrei tornare a riprendermelo e sono sicuro che lo troverei nello stesso posto dove l’ho lasciato”. Ma ci sono due cose che Ryle non lascerà indietro: il suo rosaio e l’albero nel giardino che ha piantato con le sue mani. ”E’ il mio albero – dice – e lo porterò con me per piantarlo davanti alla casa che ho appena comprato a Fernley, nel Nevada”.

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lgermini