Al lavoro senza capi. Il caso Valve, azienda americana più produttiva di Google

ROMA – Senza un boss, senza un capo, liberi dall’oppressione di una gerarchia aziendale, si possono anche fare profitti. E’ il caso di Valve, l’azienda americana sviluppatrice di videogiochi che ha una produttività maggiore di Google. La società di Bellevue (Washington) funziona attraverso un’organizzazione del lavoro totalmente orizzontale. In Valve la massima per cui in una gerarchia aziendale gli uomini fanno carriera fino al raggiungimento del loro livello di incompetenza, è scolpita nella roccia. D’altronde “Primo, licenziare tutti i manager”, lo sosteneva un professore della London Business School in un articolo ospitato dalla rivista Harvard Business Review, come dire culla e incubatrice della formazione manageriale. Per eseguire mansioni e uffici è sufficiente una guida di 50 pagine: lì ci sono tutte le istruzioni per perseguire gli obiettivi.

Ogni decisione importante viene presa di comune accordo, democraticamente. Così come il compenso di ogni singolo impiegato: viene stabilita una graduatoria, un ranking dove inserire il profilo professionale: ognuno esprime un voto sulle competenze  e il tasso di valore aggiunto che ogni singolo porta in azienda. Non si vota per se stessi, più alto è il grado di fiducia e autorevolezza, più alto è lo stipendio. Che ovviamente non sarà mai ai livelli delle entrate milionarie dei “ceo” più affermati, i quali, non si sa come guadagnano moltissimo sia quando l’azienda è più florida, sia quando è sull’orlo della bancarotta.

Anche i licenziamenti sono il frutto di un suffragio interno: gli “scansafatiche” vengono allontanati per alzata di mano, non c’è articolo 18 che tenga. Le postazioni dei dipendenti di Valve sono dotate di ruote per spostarsi all’interno e facilitare gli incontri fra colleghi. Massaggi e lavanderia aziendale fanno parte dei benefit più utilizzati. C’è chi dice che il modello “boss-less” (senza capo) non può funzionare, basta aspettare la prima vera controversia che il sistema va a farsi benedire. Sarà, ma chi l’ha detto che debbano litigare per forza?

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Warsamé Dini Casali