Wall Street e derivati. Il New York Times rivela: un club segreto che domina la finanza mondiale

I capi di alcune delle banche più grandi e potenti del mondo, in tutto nove, svela il New York Times, si riuniscono a Manahattan ogni terzo mercoledì di ogni mese, per decidere le strategie che consentono loro di assicurarsi il controllo e la floridezza del mercato che più preoccupa il governo Usa e, di passaggio in passaggio, visti gli effetti devastanti per i singoli cittadini del mondo della crisi finanziaria globale, anche ciascuno di noi: il mercato dei derivati.

Il New York Times dice che i capi delle nove banche non solo hanno il “comune obiettivo di proteggere gli interessi delle loro aziende nell’immenso mercato dei derivati, che è uno dei più profittevoli, e controversi, territori della finanza”, ma condividono anche un segreto comune: i dettagli dei loro incontri, perfino i loro stessi nomi, sono stati tenuti segreti. Ma il giornale li rivela:  Thomas J. Benison, di JPMorgan Chase, James J. Hill di Morgan Stanley, Athanassios Diplas di Deutsche Bank,  Paul Hamill di UBS, Paul Mitrokostas, di  Barclays; Andy Hubbard di Credit Suisse; Oliver Frankel di Goldman Sachs; Ali Balali della Bank of America; Biswarup Chatterjee di Citigroup. Statistica: tutte banche americane, tranne una tedesca, una inglese e due svizzere.

La storia è di quelle che a prima vista non appassionano molto il grande pubblico, almeno fino a quando non se ne impadronisca la penna di un Grisham o di un Forsyth, ma è certamente una vicenda più importante per la nostra vita del Codice Da Vinci.

In parallelo, per quelli che si interessano ai fatti editoriali, costituisce anche un esempio di come sia difficile da parte degli editori imporre il pagamento dei loro contenuti come se fossero esclusive. Infatti la notizia è stata ripresa dal testo del New York Times e rilanciata in tutto il mondo. In Italia, almeno due giornali l’hanno pubblicata, la Repubblica e la Stampa, con articoli di Federico Rampini e Maurizio Molinari, che ci raccontano, con parole loro, le notizie trovate da altri. Nessun dubbio che la loro scrittura sia decisiva per migliorare l’originale, però nel suo piccolo Louise Story, autrice dell’inchiesta, se l’è cavata abbastanza bene.

Nella traduzione – sintesi di Molinari, tutto parte dallo sforzo del governo americano di  indagare sul rischio di frodi nel settore dei derivati “capaci di mettere a rischio la stabilità delle maggiori banche – e dunque i risparmi di milioni di cittadini. Se ne occupa un “pool” di investigatori, che ha scoperto il segreto del «club del mercoledì».

Come in tutte le inchieste, decisivo è il ruolo di un pentito, in questo caso nella persona dei dirigenti della  Bank New York Mellon, fondata nel 1784, da uno dei padri della patria americani, Alexander Hamilton, le cui rivelazioni, per pura vendetta, hanno consentito di aprire il velo.

L’inchiesta, scrive Molinari, è solamente all’inizio ma già  minaccia di mettere a soqquadro Wall Street.  Ma i membri del «club del mercoledì» respingono ogni accusa: “Il sistema creato consente di ridurrei rischi esistenti in questo mercato e fino a questo momento la cooperazione fra noi si è rivelata un successo”.

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Elisa D'Alto