
ROMA – Wsj. Nutella resta un “affare di famiglia”: Ferrero non vende, né va in Borsa. La famiglia Ferrero si tiene stretta le sue deliziose e super redditizie leccornie al cioccolato (dalla Nutella agli ovetti Kinder, senza dimenticare le Tic Tac): nessuno “sbarco” in Borsa per rendere pubblica, come dicono gli anglosassoni, la compagnia, nessun cedimento alle offerte di multinazionali concorrenti che da anni tampinano la proprietà per acquisirla, nessuna operazione di M&A in vista. Giovanni Ferrero lo ha ribadito ancora in una delle sue rare interviste, concessa stavolta al Wall Street Journal (clicca qui).
L’uomo più ricco d’Italia, Giovanni Ferrero, guida un gruppo valutato 30 miliardi di dollari. Il 7,7% della produzione mondiale di cioccolato non grezzo. Per dire Nestlé ha il 12,1%, Mars il 14,1%: la prima manifestò particolare interesse a Ferrero l’anno scorso, la seconda sono anni che gli fa una corte spietata. “Siamo nati come impresa familiare e intendiamo restare tali” ha ribadito categoricamente Ferrero. “Non siamo interessati a massimizzare i ricavi nel breve periodo come tutti gli altri. E saremmo costretti se fossimo quotati in Borsa, sempre nel breve periodo, a sottostare alle pressioni inevitabili per trasferire profitti e dividendi”.
L’ambizione, invece, è quella di restare nel fortino familiare per raddoppiare in 10 anni la quota di mercato, oggi attestata all’80% in Europa, con l’imperativo di puntare ai mercati asiatici e americani, andando a sfidare direttamente i giganti Mars e Hershey Co. sul loro terreno. Ferrero sfida insomma l’assioma che per crescere sia obbligatorio fondersi o quotarsi: “Ogni giorno acquisiamo un po’ più di fiducia che ce la faremo. E una volta raggiunto l’obiettivo non ci saranno più perplessità sul nostro peso nel confronto con i concorrenti”.
L’eccezione Ferrero (mani familiari su una società che quest’anno ha fatturato 8 miliardi di euro in più nelle vendite) nasce da umili origini nel 1942: il fondatore Pietro, nonno di Giovanni (49 anni) cominciò con un negozio di dolciumi ad Alba. Le ristrettezze della guerra, che non consentivano un normale approvvigionamento di cacao, lo costrinsero ad usare nocciole locali che fecero la fortuna della Nutella, marchio italiano inconfondibile.