ROMA – Quello che è accaduto e che sta accadendo in queste ore in Giappone inevitabilmente ci porta a delle ulteriori riflessioni, oltre a quelle fatte da tanti anni a questa parte, sul nucleare in un paese sismico, come il Giappone, ma anche come il nostro.
Quali analogie? Quali differenze? Partiamo con le analogie. Faglie sismogenetiche sia da loro che da noi, fasce vulcaniche sia da loro che da noi. Fasce vulcaniche e faglie ancora “quiescenti” o non visibili da loro che da noi.
E ancora, vulcani “quiescenti” ma in verità attivi sia da loro che da noi, perché la loro storia riporta, man mano che la ricerca avanza, episodi recenti di “unrest activity”.
Loro e noi ugualmente ai primi posti al mondo come numero di pubblicazioni sull’argomento ed un know how unico, che a loro aveva permesso nonostante quella geodinamica di costruirne cinquanta di centrali nucleari.
E da quando hanno iniziato a farlo, nella maniera migliore con un “Sistema Paese” incommensurabile rispetto al nostro, e già qui stiamo parlando delle differenze tra noi e loro, hanno subito molti terremoti.
Altra differenza, loro dispongono già di una cinquantina di centrali nucleari attive, quasi tutte di cosiddetta seconda generazione, in un paese densamente popolato, sismico e vulcanico, dimostrandoci fino ad oggi per 40 anni, che si può fare, e noi neanche una centrale nucleare, attaccati a 4 bocchettoni come fossero polmoni, da Libia, Algeria, Russia e Mare del Nord e con pochi stoccaggi per renderci autonomi per almeno un mese di vita.
Eravamo stati i primi in Europa, con Latina, a costruire una centrale nucleare, ma poi non abbiamo retto perché non ha retto il Sistema Paese, collassato con il craxismo, tangentopoli, il populismo dei politici dei giornali e delle tv, la chiusura dei laboratori, la chiusura dei dipartimenti di ingegneria nucleare che potevano farci arrivare prima alla quarta generazione.
Anche abbandonando il nucleare, non dovevamo abbandonarne la ricerca.
Ma se il “Sistema Paese” non è andato avanti, con il crollo della ricerca sul nucleare (non necessariamente con la chiusura temporanea delle centrali), la ricerca sismologica è andata invece molto, molto avanti nel nostro paese, basta entrare nelle nostre banche dati pubbliche per vederlo.
Aprendole e studiandole, invece, si capirebbe subito che in Italia le centrali nucleari si possono fare, ma prendendo in seria considerazione quello che la ricerca sismologica italiana ha prodotto negli ultimi anni.
Invece la ricerca italiana a luglio è stata tagliata e siamo rimasti con 500 precari trentacinquenni-quarantenni, che hanno certosinamente costruito quelle banche dati.
Ora si riapre tutta la riflessione e l’attività congiunta tra grandi impianti nucleari e loro siting geologico: una sfida possibile, ma senza mezzi termini, senza scorciatoie con l’esatta e razionale cognizione di causa che una centrale nucleare è esplosa poche ore fa, a seguito del maggiore terremoto di magnitudo 8.8 del secolo in quel paese.