ROMA – I suoi amanti ed estimatori forse non sanno che il whisky è uno degli alcolici la cui produzione ha un'impronta di carbonio tra le più alte tra cibi e bevande. Per questo una piccola distilleria dell'isola scozzese di Islay, famosa per la sua 'acqua di vita', ha iniziato a usare alcuni scarti di produzione per ricavare energia verde, come racconta oggi 'The Independent'.
La distilleria utilizza infatti un sistema capace di convertire le migliaia di tonnellate di lievito perse in biogas. ''L'alcol ha un'impronta di carbonio – spiega Tara Garnett, del Food Climate Research Network dell'università del Surrey – e il whisky, non solo perché ne consumiamo di piu', ne ha una molto grande''. Basti pensare ad esempio che per produrre una bottiglia di birra, che richiede molta meno energia, si creano fino a 900 grammi di anidride carbonica, contro i 21 grammi, ad esempio, per una tazza di tè nero. Senza contare che il whisky e' spesso esportato in bottiglie pesanti con un packaging molto elaborato''.
Grazie alla pressione dei consumatori e le università, le distillerie di whisky stanno cercando di rendere più verde la loro produzione. Come quella di Islay, che usa un processo chiamato 'digestivo anaerobico', che si serve di microbi per convertire le migliaia di tonnellate di birra (che si ricavano come sottoprodotto dalla produzione annuale di 46mila casse di whisky) in gas metano, che viene bruciato per ricavare energia per il sito produttivo.
''I batteri abbattono i rifiuti organici in grandi serbatori senza ossigeno, il che significa che non possono digerire i rifiuti completamente – spiega il proprietario della distilleria – Così, invece di produrre CO2, producono metano, il principale costituente del gas naturale''.
