LONDRA – Il disastro di Fukushima ha aperto un vaso di Pandora: si pensa ad abbandonare il nucleare e tutti si buttano sulle energie rinnovabili. In Italia, in Europa e nel resto del mondo, si pensa a investire sempre più soldi in energie alternative, come il solare e l’eolico, che sfruttino fonti “verdi” e potenzialmente inesauribili. Inoltre le grandi multinazionali del petrolio tra cui Shell, Statoil e GDF Suez stanno cercando di promuovere l’utilizzo del cosiddetto shale gas.
Lo shale gas è un gas naturale, in prevalenza metano, contenuto in rocce scistose che si trovano a circa un kilometro e mezzo di profondità nel sottosuolo di 48 Stati americani. Viene considerato un gas non convenzionale perché intrappolato in rocce poco permeabili, e dunque non convenzionali, che per l’estrazione devono essere “fratturate”. Complessivamente le riserve di shale gas dovrebbero essere in grado di soddisfare la domanda americana per i prossimi 30 anni.
Le grandi industrie petrolifere stanno facendo pressione sui governi di tutto il mondo perché si impegnino ad investire i proprio fondi per lo sfruttamento dello shale gas. Per loro sarebbe l’era di una nuova miniera d’oro. Così, racconta il ‘Guardian’, le lobbie delle grandi industrie petrolifere da circa due mesi stanno assediando i funzionari di governo in Europa, Stati Uniti e altrove, per spingere questo nuovo carburante. I loro sforzi sono stati potenziati attraverso alleanze con le industrie energetiche, che si uniscono allo sforzo di persuasione nella speranza di ottenere energia a basso costo.
Le aziende petrolifere, ad esempio, hanno presentato uno studio all’Unione europea secondo cui l’Ue, utilizzando shale gas, potrebbe raggiungere i suoi obiettivi climatici nel 2050 con un dispendio minore che se utilizzasse fonti rinnovabili.
Ma non sono tutti d’accordo sulla validità di questo gas “verde”. Un nuovo studio della Cornell University, ad esempio, ha rilevato che l’energia elettrica prodotto dal gas shale, a causa della difficoltà di estrazione, produce tanto biossido di carbonio quanto quello prodotto dal carbone. Inoltre l’estrazione del gas shale richiede grandi quantità di acqua e l’uso di sostanze chimiche potenzialmente pericolose che potrebbero infiltrarsi nella rete idrica.
