ROMA – Rischi per il gas italiano dalla Libia? Nessuno. Lo sostiene l’economista ed ex ministro Alberto Clò.
Sulle pagine del Messaggero Clò scrive che l’Italia non corre rischi per i prossimi mesi sui rifornimenti di metano dalla Libia, terzo fornitore di metano a Roma con 9,4 miliardi di metri cubi l’anno, pari all’11,4 per cento delle nostre disponibilità totali. Tre i motivi.
La prima sarebbe nelle “ancora ampie giacenze di metano, operative e strategiche”. “Al 21 febbraio quelle operative, scrive Clò, immediatamente disponibili e pronte all’utilizzo, detenute dalla Stogit, società responsabile della loro raccolta e gestione, ammontavano a 3,8 miliardi metri cubi: livello relativamente elevato dato il grande freddo della stagione invernale e l’ormai imminente uscita dalla fase stagionale a più elevata domanda. A queste scorte operative devono aggiungersi quelle cosiddette strategiche, perché utilizzabili solo in caso di emergenza, che ammontano a 5,0 miliardi metri cubi, per un totale quindi di 8,5 miliardi di metri cubi”.
La seconda ragione sarebbe nell'”ampio eccesso di capacità d’offerta sia sulle linee di trasporto che nelle disponibilità fisiche di metano. Un eccesso che è la risultante di tre fattori: il crollo dei consumi di metano indotto dalla crisi economica dalla seconda metà del 2008 e nel 2009; le ampie possibilità di attingere quantità addizionali da altri fornitori, o dal mercato a breve che si è notevolmente ampliato nella sua liquidità fisica; il rafforzamento negli ultimi anni delle capacità di trasporto. La diversificazione premia. Il fatto di disporre, in misura superiore ad ogni altro paese europeo, di diverse linee contrattuali di approvvigionamento – dalla Russia, dall’Algeria, dall’Olanda, dalla Norvegia, dal Qatar – a cui si sono andate aggiungendo acquisti dal mercato spot, rafforza la sicurezza degli approvvigionamenti, riducendone i rischi e accrescendone la flessibilità. Secondo: il disporre di un’impresa come Eni, che più di ogni altra impresa energetica europea ha realizzato nel tempo queste linee di fornitura, contrattuali e di trasporto, divenendo leader del mercato europeo, è un plus strategico per il nostro Paese, checché se ne dica sui rischi della sua posizione (peraltro sempre meno) dominante e sui vantaggi che ne potrebbero derivare da una sua disintegrazione verticale”.
La terza ragione è che “per rafforzare ulteriormente la sicurezza delle forniture di metano bisogna proseguire nel piano di sviluppo delle infrastrutture sia di trasporto, diversificandone modalità e provenienze, che di stoccaggio da parte sia del Gruppo Eni che delle altre imprese, superando le mille e mille difficoltà che continuamente e irresponsabilmente vi si frappongono”.
Infine, la “necessità di accrescere il grado di diversificazione energetica del nostro Paese, evitando di rimpallare la responsabilità della riconversione al metano, un tempo da tutti auspicata (non da chi scrive), per i vantaggi ambientali, economici, geopolitici che pareva consentire, oggi, a cose fatte, da tutti rinnegata”.