TOKYO, 14 GIU – ''Complimenti, voi italiani avete mostrato intelligenza'': l'apprezzamento sul referendum che ha bocciato il ritorno del nucleare e' bipartisan e convinto.
E' di due esponenti politici giapponesi, Yuko Mori (senatrice dei Democratici, il partito al governo) e Taro Kono (deputato dei Liberaldemocratici, all'opposizione), in prima linea per la linea ecologista, a maggior ragione dopo la crisi di Fukushima, pur consapevoli di essere una minoranza nel Paese con i produttori leader al mondo di reattori.
''Credo che la vostra – spiega la Mori conversando con l'ANSA nel suo ufficio parlamentare – sia stata una scelta meditata e non emotiva perche', dopo aver visto Fukushima, ho avuto la conferma che il nucleare non puo' essere controllato dall'uomo''.
Punta il dito contro il cosiddetto 'genshi ryoku mura', un blocco tra governo, burocrati, parlamentari, corporation e mondo accademico che applica il 'catenaccio' (lo dice in italiano), giocando alla ''difesa dei propri interessi''. Si dice scettica sulle informazioni diffuse (''troppe variazioni nel corso della crisi'') e chiede una nuova politica energetica nazionale grazie a un Paese che ha le ''carte per voltare pagina. Bisogna dire innanzitutto basta al nucleare perche' in Giappone, presa una decisione, tutto procede poi velocemente''.
La senatrice, 55 anni, ha la fama di 'barricadera' dopo che il primo maggio, in un question time, ha chiesto a muso duro al premier Naoto Kan di ''uscire dal nucleare'' e di ridurre ''i limiti di esposizione alle radiazioni, alzate dal governo''.
La lezione italiana avra' ''seguito in Giappone, dove qualcosa e' cambiato: alle manifestazioni di sabato (quelle anti-nucleari in occasione del terzo mese dal sisma/tsunami dell'11 marzo, ndr) ho visto famiglie, ragazzi e gente comune. La chiamo la rivoluzione dei 'girasoli', come quelli che ho visto sfilare sotto la sede della Tepco. E' una nuova tendenza''.
Taro Kono, 48 anni, e' l'ultima generazione di una famiglia di politici: ''per voi e' possibile rinunciare al nucleare e comprare energia all'estero, per il Giappone il discorso e' un po' diverso. Abbiamo 40 anni di tempo per sviluppare le energie alternative prima di spegnere l'ultimo reattore nel 2050''.
Il ragionamento e' semplice: ''Non credo ci siano altre strade perche' dopo Fukushima nessuna comunita' accetterebbe nuovi reattori nelle immediate vicinanze. Dal mio punto di vista non e' una lotta contro qualcuno, ma un percorso da completare con qualcuno, non ci sono altre opzioni''.
Il referendum, come responso diretto della volonta' popolare, non esiste in Giappone, ma l'ultimo sondaggio dell'Asahi Shimbun da' conto degli umori post-Fukushima: il 74% vuole spegnere i reattori progressivamente a favore delle rinnovabili.