Anche la NGO sociologica “Laboratorio di Scienza della Cittadinanza”, rappresentata da Gabriele Quinti, nell’aula S. Domenico di Erice, dove tanti accordi bilaterali scientifici sono stati presi nel passato, apprezza notevolmente l’approccio sistemico della scuola internazionale di Enzo Boschi, facendo notare il parallelismo di questo approccio con quello già usato con il territorio di superficie, anch’esso scarso e densamente popolato. Egli ha evocato un approccio territoriale integrato dunque sia sotto che sopra la terra per i diversi “pubblici” quali attori variegati e sociologicamente disparati. La parola “acceptance” può però a suo parere assumere una connotazione negativa di “supina accettazione” mentre sarebbe meglio parlare, anche secondo me di “public awareness and accountability” intesa come “presa di coscienza e di responsabilità pubblica”. Essa deve necessariamente essere seguita dalla “ownership” intesa come presa di possesso di una parte della proprietà dello stoccaggio stesso nel sottosuolo, come necessaria conseguenza di uno stile di vita non privo di conseguenze, non spiacevoli, ma comunque associate ad un certo rischio (molto limitato in ogni caso rispetto ad altre tecnologie, come uso delle autovetture, delle moto o industria chimica).
Circa i maggiori ostacoli tecnici e sociologici all’uso condiviso del sottosuolo a fini energetici sono da considerare: 1) l’accettazione pubblica e la comunicazione verso il pubblico (i “pubblici” diversi in grado di studio, percezione, ruolo, etc… ha sottolineato Gabriele Quinti) come primario mezzo per convincere la gente della necessità dell’uso del sottosuolo. Tala mancanza di “public acceptance” o meglio abbiamo detto “public awareness” blocca ogni forma di sviluppo delle nuove tecnologie e questo è stato un parere molto condiviso nella tavola rotonda. “Il fatto che in Francia non si sia demonizzato il nucleare ed in tutti gli altri paesi europei si, è solo un fatto di comunicazione del problema alla gente, perché le tecnologie in gioco sono le stesse”, dice Frois dela CEA.La Spagna insegna tanto nel campo della accettazione pubblica del CCS, mentre situazione opposta è stata messa in luce durante la scuola per la Germania, da Gabriela Von Goderne, tra i massimi esperti del settore in quel paese.
2) Rischio-responsabilità (liability, accountability) alla scala commerciale dei progetti di stoccaggio di qualsiasi natura è la prima problematica da considerare soprattutto per me e Rosa Maria Domenichini della Associazione Termotecnica Italiana. Si rischia di lavorare in stato di emergenza (come per i rifiuti di Napoli!) senza la necessaria prevenzione e questo rischia di essere vero anche per la scelta di una destinazione o l’altra delle poche strutture geologiche idonee del nostro sottosuolo”. Unico ed irreversibile nella sua destinazione, per decine di migliaia di anni. Chi paga in caso di errore ? Dopo l’esperienza devastante per l’ambiente della piattaforma della British Petroleum nel Golfo del Messico, questa deve essere la prima domanda per i decisori.Orma i geologi conoscono quasi tutto del sottosuolo di una regione e quindi perchè non fare un catalogo ragionato con più destinazioni d’uso razionalizzate?”
3) Grande responsabilità è dei giornalisti, soprattutto per il rappresentate giapponese della tavola rotonda, Kinuagasa. Si pensi alla pubblicazione di una carta vecchia di 10 anni prima, su un quotidiano italiano,la scorsa settimana, subito dopo la scadenza per legge per la SOGIN, il 23 settembre 2010, di produrre una “carta per le aree idonee al deposito di superficie per le scorie nucleari”. Il giornale ha pubblicato la vecchia mappa, tra l’altro senza specificare, se si parlava del deposito di superficie o di quello profondo geologico per le scorie ad alta attività.
4) Per Forasassi, tra i pochissimi professori ordinari che ancora insegnano nucleare in questo paese, l’ostacolo principale alla armonizzazione del sottosuolo è di fatto la qualità dei politici, peraltro assenti dalla tavola rotonda. Nessun partito politico cavalca la problematica degli stoccaggi pur sapendo che le centrali elettriche, vadano esse a carbone, a gas, a nucleare o geotermiche, usano sempre e comunque il sottosuolo. Questa ipocrisia deve finire: con l’avvicinarsi delle elezioni scompaiono impegni come la definizione per l’Autorità di Sicurezza Nucleare, le tasse che servono anche a finanziare la ricerca pubblica su queste cose, la presenza politica ai consessi su temi “caldi” a meno di non stare dalla parte di frange populiste che arricchiscono di numero di votanti.
Emblematico il caso della Spagna, ha raccontato Jordi Bruno, della Università della Catalogna: la non accettazione del deposito scorie nucleare (nonostante già esiste ad El Cabril! ndr) è solo un fatto politico, e molto meno di natura tecnica.
