ROMA – La posta in palio è la Snam Rete Gas dell’Eni, perimetro di gioco il Senato, arbitro l’Authority delle reti, contendenti Governo, partiti, banche, Terna. Parliamo della “guerra della rete” ingaggiata in Commissione Industria come riporta sul Fatto Quotidiano del 15 febbraio Marco Palombi. Riassumiamo brevemente. Il governo Monti spinge sull’acceleratore delle liberalizzazioni anche in campo energetico: nel decreto salva-Italia è indicato l’obiettivo dello scorporo della rete del gas (Srg) dal monopolista Eni. Un passo avanti per liberalizzare il mercato del gas. Nello stesso decreto, contestualmente, affiora un piccolo comma, il 6 dell’articolo 21, che riguarda Terna, la rete dell’elettricità, società pubblica compartecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Qui inizia l’intreccio. Il comma prevede che Terna possa finanziarizzare se stessa attraverso una stima del suo valore e dei ricavi presunti affidata all’Authority. “Con la “remunerazione relativa a specifici asset regolati” descritta dal comma 6, si intende che l’Authority calcolerà in anticipo quanto vale Terna, cosicché la stessa Terna possa andare dalle banche a chiedere prestiti sulla base di quella stima. Con quella leva finanziaria Terna sarebbe in grado di comprarsi Snam Rete Gas una volta scorporata, dando vita a quella “società delle reti” vagheggiata per esempio anche dal Pd di Bersani e avallata dal sottosegretario Catricalà, cui viene attribuita la paternità del comma in questione.
Qui la faccenda si complica: in Commissione Industria il deputato Latorre del Pd, vicino a D’Alema, ha proposto un emendamento per eliminare il comma in questione. Comma che Eni vede come il fumo negli occhi. Contrario sarebbe, secondo Il Fatto, anche il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. Contrario è anche, e soprattutto, il presidente dell’Authority Bortoni. L’opposizione dell’Authority è più che fondata e per due ordini di motivi. Primo, il comma permetterebbe a Terna di dare in garanzia alle banche la rete o parte di essa, mentre in Italia il gestore della rete deve esserne anche proprietario. Secondo, la cessione dei futuri guadagni vincolerebbe l’azione futura dell’Authority.
Il secondo punto è centrale per capire di che tipo di liberalizzazioni stiamo parlando. In fondo, la ratio ultima, dovrebbe essere l’ingresso di nuovi soggetti per abbassare le tariffe con cui si acquista il servizio della fornitura del gas, vale per le aziende come per i cittadini. Ma se la stima dei profitti derivanti dalle tariffe viene effettuata ex ante e addirittura posta a garanzia per effettuare ulteriori investimenti, l’Authority non potrà aver altra funzione se non di notaio che certifichi il fatto compiuto. Quando una banca volesse rientrare del prestito, il prezzo sarebbe scaricato sulla tariffa una volta per sempre, cioè sulle spalle dei cittadini. Un mercato a tariffa blindata si può chiamarlo liberalizzato?
Intanto la guerra della rete va avanti trasversalmente ai partiti, mentre Confindustria si è schierata con Terna invocando l’applicazione del comma 6 per sbloccare decine di miliardi di investimenti. Ondivaghi Pd e Pdl, che dal sogno del polo delle reti stanno cercando l’uno di bloccare Terna (con tanti saluti a Bersani), l’altro di impedire lo scorporo di Snam rete gas rinviandolo alle calende greche.
