È una singolare coincidenza che accomuna Italia e Portogallo quella per cui i due Paesi celebrano l’anniversario della rispettiva Liberazione nello stesso giorno, il 25 aprile. Per noi, liberazione dal regime fascista e dall’occupazione nazista nel 1945; per loro, dalla dittatura di Salazar nel 1974. Sarà un capriccio della Storia, ma le due “primavere” si sovrappongono seppure a distanza di 29 anni l’una dall’altra. E per quanto occasionale possa essere, la Festa unisce idealmente i due partner all’interno di EuroMed, l’alleanza fra i sette Stati dell’Europa meridionale che comprende anche Francia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro, in un percorso comune verso la libertà e la democrazia.
Il 25 aprile di 73 anni fa, a Milano, toccò a Sandro Pertini proclamare “lo sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine”. Fu una tappa fondamentale nella storia d’Italia, una data-simbolo della Resistenza e della vittoria partigiana durante la seconda guerra mondiale. Tre giorni dopo il duce Benito Mussolini fu condannato a morte, insieme con tutti i gerarchi fascisti, dal Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI) presieduto – insieme con Pertini – da Luigi Longo, Emilio Sereni e Leo Valiani.
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Nel ’74, a Lisbona, scoppiò la cosiddetta “Rivoluzione dei garofani” (in portoghese, Revolution dos Cravos) e le forze armate dell’ala progressista scesero in piazza insieme con il popolo per mettere fine con un colpo di Stato incruento al regime fondato 48 anni prima da António Salazar, in seguito al golpe del 28 maggio 1926. La tradizione racconta che in Avendida da Liberdade, la grande arteria alberata della Capitale, alcune fioraie regalarono i garofani rossi ai militari che li infilarono nelle canne dei fucili per dimostrare le loro intenzioni pacifiche.
Quel fiore sarebbe diventato poi l’emblema del nuovo Partito socialista italiano guidato da Bettino Craxi, dopo aver deposto la falce e il martello. E proprio dal quotidiano República, alfiere della Rivolzione portoghese, Eugenio Scalfari prese il nome per il suo giornale che nacque il 14 gennaio 1976: ora il primo non esce più – e il palazzo in cui c’era la sede della redazione, in Rua Nova da Trinidade, è ricoperto dai teloni dei lavori di ristrutturazione – mentre il secondo attraversa purtroppo una grave crisi diffusionale.
A 44 anni dalla Revolution dos Cravos, oggi il Protogallo è governato da una coalizione di sinistra che, sotto la guida cauta e abile del socialista António Costa, ha sostenuto la ripresa e il “boom” economico del Paese, alimentato dalle esportazioni (in particolare, quelle dei prodotti alimentari) e dal turismo. Un modello per tutta l’Europa progressista, ulteriormente rafforzato proprio nei giorni scorsi da un accordo con il Partito socialdemocratico.
A 73 anni dalla sua Liberazione, l’Italia annaspa invece nel tentativo di formare un nuovo governo, cercando di mettere insieme i due populismi del M5S e della Lega, l’uno – per così dire – più di sinistra e l’altro più di destra. Un progetto destinato a preoccupare fortemente le cancellerie europee, compromettendo la stabilità dell’Unione e minacciando di mandare in fibrillazione i mercati finanziari internazionali.
Forse i “liberatori” portoghesi non potevano immaginare che, meno di mezzo secolo dopo, il proprio Paese sarebbe cresciuto fino a questo punto. Ma sicuramente i democratici italiani speravano che il loro non avrebbe più rischiato di tornare indietro sulla strada del progresso e della democrazia. Si spezzerà ora il “filo rosso” della Storia che unisce Italia e Portogallo?