Ara Pacis, pioggia (sul monumento) e polemiche (sulla teca di Meier)

ROMA – Pioggia sull’Ara Pacis. L’acqua che si è abbattuta con particolare violenza su Roma nella notte fra martedì 19 e mercoledì 20 novembre si è infiltrata fra le giunture della teca di vetro che copre e dovrebbe proteggere l’Ara Pacis, monumento risalente al 9 dopo Cristo.

Monumento inglobato in una struttura di vetro, travertino, acciaio e stucco che nel 1996 l’allora sindaco Francesco Rutelli assegnò senza bando allo studio del famoso archittetto newyorchese Richard Meier. I lavori iniziarono fra mille polemiche nel 2000 e finirono nel 2006. Il successore di Rutelli, Walter Veltroni, inaugurò il primo grande intervento architettonico nel centro di Roma dai tempi del fascismo, per un costo finale lievitato da 5,9 milioni a 17 milioni di euro.

Scrive Laura Larcan sul Messaggero:

“Come è potuto accadere che la copertura del museo, tutto un gioco sopraffino di pannelli di vetro montati di sbieco, inaugurato per giunta solo sette anni fa, non abbia retto all’impeto degli scrosci della pioggia battente? Il gioco delle parti va in scena. Ai sopralluoghi sta partecipando Nigel Ryan, l’architetto dello studio Meier che ha diretto tutti i lavori per realizzare il progetto dell’Ara Pacis. Con lui, lo staff dei restauratori della Sovrintendenza al fianco dei tecnici del servizio manutenzione di Zetema. Secondo gli architetti americani, che hanno controllato a tappeto le lastre esterne e la parte interna del lucernaio, sembrerebbe che le cause delle infiltrazioni siano da imputare alla «negligenza» nella manutenzione: probabilmente le giunture dei pannelli non sono apparse sigillate in modo perfettamente ermetico.

E l’affondo: se la copertura fosse stata tenuta sotto controllo sistematico, se ne sarebbero accorti per tempo. Il gap, dunque, ruota intorno alla manutenzione ordinaria. Da contratto di servizio con la Sovrintendenza capitolina, è Zetema che gestisce gli interventi di manutenzione. Ma, a sua volta, la vigilanza che i controlli vengano fatti con puntualità, spetta pur sempre alla Sovrintendenza. Insomma, le responsabilità sembrano giocare a rimbalzo. La conferma sembrerebbe arrivare dall’Assessorato capitolino alla Cultura che, se da un lato garantisce che non c’è stato alcun danno per il monumento, dall’altro spiega che sul tetto si è creato un intasamento di foglie, accumulatesi nei tanti giorni di maltempo, che hanno così ostruito i flussi di scarico: il ristagno dell’acqua ha creato infiltrazioni. E intanto i puristi del restauro si indignano davanti alle scene dei teli «impecettati» sugli antichi rilievi del capolavoro”.

La replica di Zetema, la società del Comune di Roma che si occupa di progetti culturali:

“L’Ara Pacis non corre alcun pericolo. Le infiltrazioni di pioggia sulla copertura del tetto sono state causate dall’otturazione di alcuni tubi di scolo a causa delle foglie trasportate dal forte vento. Quindi è facile immaginare come le eccezionali piogge e il forte vento degli ultimi giorni abbiano messo a dura prova gli interventi di manutenzione ordinaria che non sono mai mancati alla struttura – si legge ancora nella nota -. Inoltre il silicone strutturale che tiene uniti due pannelli è risultato in parte asportato (probabilmente a causa dell’opera di alcuni gabbiani) e con il forte vento dei giorni scorsi una parte della lamiera si è divelta contribuendo così al ristagno dell’acqua. Il tetto è stato messo in sicurezza, il silicone fissante è stato immediatamente ripristinato e non sono state riscontrate nuove infiltrazione d’acqua. Tutti gli interventi sono stati condotti in accordo con la Sovrintendenza Capitolina – si conclude la nota -. Durante la manutenzione del tetto sono stati utilizzati dei teli per ricoprire il monumento ma unicamente in via precauzionale. L’Ara Pacis non ha subito alcun danno ed è regolarmente aperta alla visita per turisti e cittadini”.

L'Ara Pacis durante i lavori di costruzione della teca di Richard Meier (2000-2006)
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