BELGRADO – A Belgrado il gran freddo con neve e ghiaccio sta creando condizioni drammatiche e al limite della sopravvivenza per i circa 2 mila migranti e profughi che da mesi bivaccano nel parco e nella vasta area antistante la stazione ferroviaria e degli autobus, a ridosso del centro della capitale serba.
Dopo la chiusura della rotta balcanica lo scorso marzo, migliaia di migranti sono rimasti praticamente bloccati nei vari Paesi della regione, impossibilitati dalla chiusura delle frontiere a proseguire il loro viaggio verso l’Europa occidentale. In Serbia sono circa seimila i migranti presenti attualmente nel Paese, la gran parte di loro ospitati in centri di accoglienza da nord a sud. Ma non tutti accettano di farsi registrare e di entrare in tali centri, per il timore di essere poi rispediti indietro nei Paesi di provenienza.
“Abbiamo lanciato loro un appello pressante, invitandoli a trasferirsi nei centri di accoglienza, garantendo il trasporto in autobus e senza chiedere loro i documenti. Ma pochi accettano, hanno paura di non poter continuare il viaggio verso la Ue”, ha detto all’Ansa Ivan Miskovic, portavoce del commissariato serbo per l’assistenza ai profughi. I migranti, ha aggiunto, preferiscono affidarsi ai trafficanti, pagando per trasferimenti clandestini verso i Paesi occidentali e “in tale situazione non è facile aiutarli e offrire loro assistenza concreta”.
In loro aiuto comunque dall’inizio dell’ondata di gelo si sono mobilitate ong e organizzazioni umanitarie, in primo luogo la sezione serba dell’Unhcr e Medici senza frontiere che hanno messo a disposizione coperte, cibo e generi di conforto che distribuiscono quotidianamente. A Belgrado da inizio anno le temperature oscillano fra i meno 15-20 gradi della notte e del primo mattino e i meno 8-10 del corso della giornata. I migranti – che secondo Miskovic sono in prevalenza afghani e pachistani, quasi tutti uomini fra i 25 e i 30 anni – non hanno un adeguato abbigliamento invernale né scarpe adatte a neve e ghiaccio. Di giorno vagano in continuazione riparandosi con scialli e coperte, di notte cercano di trovare riparo in garages pubblici, locali fatiscenti e vecchi magazzini senza porte e abbandonati nei dintorni dello spiazzo antistante la stazione dei bus.
“Le ultime tre notti sono state insopportabili”, ha detto Asif, un 18enne afghano citato dai media a Belgrado. “Ci accalchiamo e ci stringiamo intorno a un falò per tremare di meno. Ma il tutto dura poco, non più di un paio d’ore. Il resto del tempo lo passiamo nel gelo assoluto”. “Fa molto freddo, e dai fuochi si sprigiona un‘aria irrespirabile. Tossiamo in continuazione, ma non abbiamo dove altro andare”, ha osservato Kaship Han, anche lui giovane afghano.
“Io non voglio tornare indietro. Voglio andare in Ungheria e da lì in Italia. Ma non posso rimanere qui al gelo. E’ terribile. In tanti si ammalano e gli aiuti non arrivano”. Ma sono tanti i belgradesi mobilitati per fornire aiuti, e l’azione di solidarietà avviene online. Si lascia sul web il proprio indirizzo e un gruppo di volontari passa casa per casa a raccogliere valigie e borsoni con coperte, vestiario invernale, scarpe, cibo e altri generi di prima necessità (foto Ansa, clicca qui per vedere altre foto).