ROMA – Carlo Lissi come Jean-Claude Romand: la villetta, la famiglia perfetta, le bugie. L’omicida di Motta Visconti, che ha ammazzato con un coltello da cucina la moglie e i due figli e poi è andato a vedersi come se niente fosse Italia-Inghilterra al bar con gli amici, ha dei tratti in comune con l’assassino che ispirò un inquietante romanzo di Emmanuel Carrère, “L’Avversario”. Anche lui uccise moglie e figli pur di non raccontare la verità.
Come quella di Carlo Lissi, la vita di Jean-Claude Romand era in apparenza quella di un mite e affettuoso padre di famiglia, stimato ricercatore dell’Oms a Ginevra, residente nella placida cittadina di Prevessin, in Francia, a pochi km dal confine con la Svizzera. Tutto fino alla mattina di sabato 9 gennaio 1993, quando, apparentemente senza motivo, Jean-Claude uccise la moglie, i due figli e i due genitori, tentando di ammazzare anche una sesta persona: la sua amante. L’assassino aveva all’epoca 38 anni e 11 mesi.
Alle 8 di mattina Romand prende un mattarello da cucina, sale su in camera da letto dove si trova sua moglie e le fracassa il cranio colpendola sei volte. Quindi entra nella stanza della figlia Caroline, 7 anni, le sussurra parole dolci e le chiede di mettere la testa sotto il cuscino. Poi le spara contro cinque colpi con una calibro 22. Non si è ancora svegliato il figlio Antoine, 5 anni: pochi istanti dopo gli toccherà la stessa morte della sorella maggiore.
A mezzogiorno Jean-Claude raggiunge la casa dei genitori a Clairvaux-les-Lacs, mangia con loro, poi li ammazza con un fucile semiautomatico, con il quale uccide anche il cane di famiglia, per lui come un fratello minore. Pulisce l’arma e si rimette in macchina in direzione Parigi: ha un appuntamento con la sua amante, la dentista Chantal D., alla quale aveva millantato un invito a cena a casa di Bernard Kouchner, fondatore di Medecins sans frontieres e di Medecins du Monde, all’epoca è ministro della Sanità. E non ha mai conosciuto Jean-Claude Romand. Che nella foresta di Fontainebleau ferma la macchina e tenta di strangolare Chantal.
Lei ha commesso l’errore capitale di credere alle bugie di Romand, di prestargli 900.000 euro (che lui avrebbe fatto fruttare con un investimento) e poi di rivolerli indietro. Ma ha la forza di reagire all’aggressione disorientando Jean-Claude, che desiste, quasi rinsavisce e le racconta di essere sconvolto perché ha scoperto di avere un cancro. L’uomo riesce a strappare a Chantal la promessa di non dire niente del tentato omicidio, la riaccompagna a casa e poi fa ritorno a Prevessin.
Qui, dopo un giorno passato a fare zapping col telecomando davanti al televisore, realizza l’orrore di quanto ha fatto appena 24 ore prima: ha ucciso tutti i suoi familiari e al piano di sopra, nei rispettivi letti, ci sono i cadaveri di moglie, figlia e figlio. Allora cosparge di benzina i corpi delle vittime e la casa in più punti, ingoia qualche pastiglia di barbiturico e da fuoco alla casa. Ma sono le 4 di notte e a quell’ora gli spazzini iniziano il loro giro per le strade (e Romand, che è insonne, con ogni probabilità lo sa). Danno subito l’allarme, arrivano i pompieri che lo trovano ustionato, svenuto, in pigiama. Ma vivo. Quando si risveglia dal coma racconta al giudice di un uomo vestito di nero, che era entrato in casa forzando la porta e aveva sparato a sua moglie e ai bambini dando poi fuoco alla casa.
Ma è l’ultima versione falsa di una vita costruita su una grande menzogna nata da una piccola bugia: quella del 1975, quando per una crisi depressiva non si presenta a un esame, l’ultimo del secondo anno della facoltà di medicina, che fino ad allora frequentava con profitto. Jean-Claude non riesce a convivere con quel piccolo fallimento e per nasconderlo inizia a inventarsi una catena infinita di bugie. La prima è quella di aver passato l’esame e di essere stato ammesso al terzo anno di Medicina. Poi continua a studiare esami che poi non dà, quindi racconta di aver preso una laurea che non è mai avvenuta e di essere abilitato a una professione che non ha mai esercitato, quella di medico.
La sua vita reale si arricchisce con una compagna, Florence Crolet, che diventa sua moglie e che gli dà due figli. La sua vita “narrata” si evolve con un’assunzione all’Organizzazione mondiale della Sanità come ricercatore. Le sue giornate sono fatte di passeggiate a piedi nei boschi, soste nei parcheggi e negli autogrill, lunghe sessioni in biblioteca. Doveva far passar il tempo senza che nessuno lo vedesse e scoprisse la verità. Per questo aveva convinto la moglie di non telefonare mai all’Oms, dove raccontava di essere “oberato” da impegni e telefonate, e si era dotato di un cercapersone e di uno dei primi esemplari di telefonino per essere raggiungibile senza passare per nessun fantomatico “centralino” dell’Oms. Florence confessa agli amici: “Mi sembra di stare con una spia”.
Due milioni e mezzo di franchi presi in dieci anni con vari pretesti dal patrimonio dei suoi genitori riescono a coprire l’alto tenore di vita suo e della sua famiglia. Riesce a convincere anche il suocero ad affidargli 150 mila euro. Quando questi li rivorrà indietro, morirà accidentalmente. È il 1988 e Jean-Claude Romand sarà l’unico testimone della sua caduta mortale.
Il castello di balle crolla quando Romand si innamora di un’altra donna, la dentista parigina Chantal D.. I piani del reale e del “narrato” si complicano, gli tocca giustificare i continui viaggi a Parigi con la cura di un cancro (che ovviamente non ha), ma i regali all’amante e i viaggi con lei aumentano ulteriormente il fabbisogno economico del finto medico, mentre i soldi succhiati per anni dal patrimonio familiare si stanno finendo. Jean-Claude riesce ancora una volta a far “quadrare il bilancio” convincendo l’amante a prestargli 900 mila euro millantando di avere accesso a dei fondi d’investimento riservati all’Oms che avrebbero fruttato rendimenti del 18%. Quando Chantal rivuole indietro i soldi, Romand le dà un appuntamento per la sera del 9 gennaio 1993 e inizia a prepararsi all’idea del suicidio. In realtà mette in atto un piano omicida. Ma neanche il processo e il romanzo di Carrère chiariranno se Romand ci era o ci faceva, se la personalità del bugiardo depresso avesse partorito quella di uno psicopatico autolesionista o di un lucido assassino.







































