ROMA – Il 29 agosto di 100 anni fa nasceva Ingrid Bergman, l’attrice della Dolce Vita che ha passato un’esistenza talmente piena ed entusiasmante che solo la recrudescenza di un cancro al seno nel 1982, le fece decidere di interrompere la carriera, proprio il giorno del suo compleanno. All’ultimo festival di Cannes il suo sorriso accoglieva tutti i visitatori del Palais con il suo primo piano adottato in effige della kermesse e talmente grande, a coprire tutta la facciata, che sembrava la vestale stessa del cinema. A Bologna, in una Piazza Maggiore rigurgitante di folla per il festival “Il cinema ritrovato” eccola sorridere al marito Laszlo (Paul Henreid) e guardare con passione all’amante della vita Rick (Humphrey Bogart) nell’indimenticabile addio di “Casablanca”.
E Venezia, dove Ingrid Bergman fu di casa durante tutta la sua vita italiana a fianco di Roberto Rossellini si prepara a festeggiarla grazie al luminoso film breve Viva Ingrid! assemblato dal nipote Alessandro Rossellini per Istituto Luce – Cinecittà. Una ventina di minuti di immagini quotidiane, felici e davvero poco divistiche girate dalla stessa Bergman che, come già aveva fatto con lei il padre, ritraeva in pellicola la famiglia, la casa, i luoghi amati con la passione del cineamatore e i mezzi tecnici del “passo ridotto”.
In quei frammenti si capisce bene l’altro lato della donna e dell’attrice che – ricorda la figlia Isabella – quando non recitava diventava una perfetta padrona di casa, una madre premurosa e una inflessibile governante fino al set successivo perché in definitiva al suo mestiere non avrebbe mai rinunciato. Figlia unica di un pittore e fotografo che rimase vedovo quando la bambina aveva appena due anni, rimasta orfana a 13 anni, predestinata al successo e a una carriera sfolgorante da quando Gustav Molander ne diviene il pigmalione (reciterà in una dozzina di film in appena quattro anni alla metà degli anni ’30), fin dall’incredibile successo di Intermezzo che affascina il tycoon americano David O’Selznick che la vuole a Hollywood per un remake del film. Diretta da Gregory Ratoff e con Leslie Howard come partner, Ingrid Bergman conquista subito l’America ma stronca con decisione il progetto di Selznick di farne la “nuova Garbo” imponendo la sua scelta su ogni copione, stabilendosi in America con regolare marito (il neurochirurgo Peter Linsdrom) e la figlia Pia.
In piena guerra, i suoi ruoli in Casablanca e nel successivo Per chi suona la campana (prima nomination all’Oscar) sono scelte consapevoli, frutto di un impegno diretto contro il nazismo, ma è un melodramma a forti tinte (Angoscia di George Cukor) a darle l’Oscar nel 1944 e a spingere Alfred Hitchcock a sceglierla per Notorius del 1946 in cui diverrà la migliore amica e l’irresistibile partner di Cary Grant. Donna di forti passioni, la Bergman non sarà mai sedotta dalle facili conquiste, piuttosto dai rapporti forti e paritari.
Così accade quando incontra il fotografo Robert Capa che la spinge a rigettare il facile successo americano per guardare al cinema europeo, alla chiamata di uomini dalle passioni forti come le sue, quale il maestro italiano di Roma città aperta, Roberto Rossellini. Per lui lascia tutto, sfida le convenzioni, getta alle ortiche il matrimonio (la figlia Pia non glielo perdonerà mai), affronta lo scandalo della bigamia e l’ira di Anna Magnani di cui prende il posto come protagonista di Stromboli (1950). Non c’è dubbio che la conversione europea dell’attrice porta il segno dell’amore per il regista italiano, ma coincide anche col fallimento di due grandi sogni coltivati in America: interpretare il ruolo più desiderato, Giovanna d’Arco nel film omonimo che Bergman realizza contro il volere di Selznick e il ruolo più ambizioso disegnato per lei da Hitchcock ne Il peccato di Lady Considine.
In Italia Ingrid trova la felicità, ma non il successo (anche Viaggio in Italia ed Europa ’51 saranno dei disastri commerciali), mentre Hollywood la mette all’indice accusandola di aver infranto il mito della purezza con cui si era imposta. Dovrà aspettare fino al 1956, con il kolossal Anastasia per essere riammessa nel pantheon hollywoodiano e portare a casa il secondo Oscar. Ma nel frattempo la sua storia d’amore italiana è finita e la diva comincia una terza vita, errabonda tra le due rive dell’Oceano, mai vissuta da sedotta e abbandonata, sempre da donna forte e madre impeccabile, amatissima dai figli che Roberto le ha regalato, coronata da un terzo matrimonio lontana dai paparazzi e dai cacciatori di gossip.
Ritorna in teatro con una lunga tournée nei panni di Giovanna d’Arco, riabbraccia la sua patria fino a incontrare il maestro più difficile, Ingmar Bergman, con cui recita in Sinfonia d’autunno (1978, settima nomination all’oscar), vince la terza statuetta per Assassinio sull’Orient Express, scopre una inattesa vena comica con Fiore di cactus, combatte un doloroso cancro al seno che poi si ripresenterà a chiederle il conto di un’esistenza vissuta sempre senza paura. E infatti, in attesa della fine, Ingrid si dedica a riguardare la sua vita senza compiacimenti e senza sconti. E’ questo il segreto che nessun obiettivo riuscirà mai a catturare: la forza tranquilla con cui ha sempre dominato i suoi fantasmi e le sue fragilità d’attrice sensibile e intimorita dalla folla e dal successo. “Alla mia prima festa americana – disse una volta – ero talmente paralizzata dalla paura che non dissi una parola a nessuno. Ma nessuno se ne accorse”. Una galleria fotografica pubblicata dall’Ansa:







