CARACAS – “Ho visto i fulmini, c’era un temporale. L’aereo si è infilato nella perturbazione e non ne è uscito più”. A raccontarlo è Beppe Scalvenzi , fratello di Elda che insieme al marito Guido Foresti era sull’aereo scomparso a Los Roques con a bordo Vittorio Missoni, la compagna Maurizia Castiglioni. Scalvenzi non crede all’ipotesi di un dirottamento anche se la moglie, Rosa, continua a sperare in tal senso. Domenica sera i coniugi Scalvenzi sono rientrati in Italia, il resto della compagnia invece è scomparso, inghiottito dal cielo, lo scorso venerdì quando il bimotore che li avrebbe dovuti trasportare da Gran Roque a Caracas è scomparso dai radar.
“Sul loro aereo c’erano posti liberi – racconta Beppe – Missoni insisteva perché partissimo insieme e finissimo in aeroporto la partita di burraco che avevamo cominciato. Ma mia moglie ha preferito rimanere ancora qualche ora sull’isola piuttosto che aspettare in aeroporto” il volo per Lisbona che partiva alle 17. E la scelta si è rivelata fatale: salvi per caso, entrambi ringraziano la buona sorte ma restano col fiato sospeso in attesa di sapere che fine abbiano fatto i loro amici.
Anche se la speranza è ormai appesa a un filo, nelle acque di Los Roques le ricerche per trovare l’aereo disperso vanno avanti senza sosta. A far perdere le tracce del velivolo “deve essersi trattato di un evento improvviso e catastrofico”, che non ha dato tempo al pilota di segnalare l’emergenza, ha sottolineato l’ambasciatore Paolo Serpi. C’è un buco di tempo di due minuti tra quando il pilota ha chiuso il contatto con l’isola e il momento in cui doveva prenderlo con Caracas, ha ricordato il diplomatico, sottolineando “il massiccio dispiegamento delle forze” in una zona molto vasta. I mezzi venezuelani – ha aggiunto – puntano ”in un’area dove potrebbe esserci stato l’impatto, con una profondità che è tra i 48 e i 54 metri”.
Ricerche complesse anche perché in altre zone la profondità arriva invece fino a 4.000 metri, ha aggiunto Serpi dopo il sopralluogo fatto di persona a Gran Roque, da dove venerdì era decollato il velivolo senza mai arrivare a Caracas. I lavori andranno avanti ancora ”per otto giorni” e, se necessario, anche oltre, ha precisato, sottolineando che anche la costa venezuelana viene controllata, ”nel caso in cui arrivino dei rottami”.
Ore di angoscia intanto anche a Sumirago, dove i dipendenti dello stabilimento Missoni sono rientrati al lavoro “con il morale a terra” e dove i familiari aspettano notizie. “Al momento – ha detto Angela Missoni – non abbiamo novità, ma in noi c’è speranza e fiducia nel grande lavoro delle autorità: non ci arrenderemo”.
Sul fronte delle indagini, i riflettori sono puntati su alcuni aspetti considerati determinanti. Per esempio, l’analisi dei pochi minuti di volo e della comunicazione avuta dal pilota – il 72/enne German Marchal – nel momento in cui, a 10 miglia di distanza, si stava allontanando dalla ‘Gran Roque’ verso la terraferma. A immaginare quel che può essere successo è Enrique Cuervo, un esperto dell’aeronautica di Caracas, che punta il dito soprattutto sulle comunicazioni dell’aereo. Il velivolo, afferma, potrebbe aver avuto un guasto e forse Marchal non è riuscito a segnalarlo perché le comunicazioni non hanno funzionato, forse perché l’aereo non aveva raggiunto la quota sufficiente. “Capita”, afferma l’esperto, il quale si fa una domanda che si pongono in tanti a Caracas: “L’aereo era provvisto di un Gps? E in tal caso, era stato attivato?”